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Nel nome di Ultraman (ma non solo)

Tom Welling in <i>Smallville</i>” />Dunque, l’obiettivo di questo articolo è tracciare una fenomenologia del supereroe televisivo in quanto tale. Mica roba da poco.<br />
Insomma, <strong>se parliamo di cinema possiamo rifarci a mode e a fenomeni di costume</strong>, abbiamo a nostra disposizione colossal e successi planetari, ci sono in ballo nomi grossi tipo Tim Burton e Sam Raimi.<br />
<strong>Se invece facciamo riferimento ai fumetti abbiamo dalla nostra la storia e la tradizione</strong>: ci sono pietre miliari che sono sotto gli occhi di tutti. Prima c’era <em>Superman</em> che era invincibile, poi è arrivato Stan Lee che negli anni sessanta, in compagnia di Jack Kirby, ha avuto l’intuizione dei “supereroi con superproblemi” e ha cambiato la storia.<br />
Ma se frughiamo nel piccolo schermo e cerchiamo un’essenza supereroica a quattordici pollici, la questione si fa decisamente più torbida. Non è così immediato trovare pesci da pigliare.</p>
<p><strong>Io comincerei con l’accantonare i cartoni animati</strong>. Lo so, è una scelta discutibile, ma a mio parere i supereroi disegnati, anche quando appaiono in Tv, restano troppo palesemente debitori delle tavole a fumetti. Non sono veramente e puramente televisivi.<br />
A seguire, resisterei alla tentazione di spendere più di due parole su <em>Smallville</em>. Mi rendo conto che al momento è il prodotto più popolare nel suo genere; ma non riesco a convincermi della sua genuinità. Detto in modo brusco e a costo di far incazzare tanti fan: per me <strong>questo Clark Kent non è un vero supereroe, è piuttosto un Dawson dotato di strabilianti poteri</strong>, <img class= A cura di Marco Valsecchi
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