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cultura dell'immagine e della parola

Nati senza camicia

Nati senza camicia

Facciamo un esperimento di teletrasporto temporale.

Italia, 1991
Portiamoci in una qualsiasi città del Sud, e chiediamo ai passanti cosa ne pensano della Lega Lombarda. Dopo una serie di aggettivi poco edificanti, ci verrà risposto, a grandi linee, che è un gruppo di razzisti senza un’idea presentabile.
Spostiamoci un po’ più su, nelle aree che ruotano intorno a Roma, e ripetiamo la stessa domanda: con un solare sorriso ci diranno, tra l’accondiscendente e il compassionevole, che sono solo dei settentrionali con manie di protagonismo, e che è meglio lasciarli perdere perché non meritano attenzione.
Infine, arriviamo all’ultima tappa del nostro viaggio: fermiamo un passante a Varese, Como, Brescia, persino a Milano, e chiediamogli: “Scusi, ma lei che ne pensa della Lega?” Lui alzerà gli occhi, accesi da frustrazione e rabbia, e ci dirà che quelli di Bossi sono gli unici, finora, ad aver dato una speranza ai lavoratori lombardi; dirà che finalmente è arrivata l’ora delle rivendicazioni, che il motore economico dell’Italia è stanco di fare ingrassare Roma a proprie spese e pretende più peso politico.
Sull’onda di un malessere decennale, culminato nello scandalo di Mani Pulite da cui Bossi e soci erano immuni, il fenomeno-Lega scuote l’Italia quando, nel 1993, il Carroccio conquista Milano, mettendo a Palazzo Marino il Sindaco Marco Formentini.
Sono gli anni in cui della Lega si parla moltissimo, si sprecano saggi e pubblicazioni di ogni sorta. Poi improvvisamente, nel 1996, cala il sipario: nessuna pubblicazione o ricerca si occupa più di questo fenomeno socio-politico, tra i più importanti dell’Italia repubblicana, e il silenzio dura fino a oggi.

Italia, 2006
Perché questo silenzio? Quali sono le ragioni della scomparsa della Lega (divenuta nel frattempo Lega Nord) dalla scena mediatica italiana? Perché la Lega sta prendendo sempre più marcatemente caratteristiche xenofobe e razziste?
Queste sono le domande che Claudio Lazzaro, ex giornalista ed inviato del Corriere, si è posto prima di iniziare il suo coraggioso progetto: seguire per circa un mese l’europarlamentare Mario Borghezio nelle sue attività quotidiane, dalla politica fatta per la strada fino agli infuocati comizi.

L’opera
Il film è un documentario-specchio, nel quale Lazzaro lascia che i protagonisti parlino senza intermediazione né commenti. Dopo un inizio vivace e pittoresco, la suggestione di immagini e testi si fa via via più forte, e arriva a colpire con due scoop giornalistici che hanno il peso di macigni, e che difficilmente potranno essere ignorati.
Proprio per l’argomento trattato, Lazzaro non ha potuto godere del finanziamento di nessuna emittente televisiva, e ha pertanto realizzato l’opera in maniera indipendente, raccogliendo solo successivamente il sostegno di Mikado e Palomar.
Secondo il regista, la Lega è un argomento tabù proprio per la sua contraddizione di partito di governo e insieme movimento di piazza fortemente anti-Stato; la sua operazione vuole perciò essere un veicolo di informazione e riflessione, attraverso canali produttivi e distributivi non convenzionali, per lanciare anche in Italia una nuova via di espressione che liberi lo spettatore da asfissianti logiche lobbistiche di censura.
Lazzaro, che affronta per la prima volta la sfida dietro la telecamera, dimostra di avere un ottimo fiuto per le sequenze narrative in presa diretta; inoltre, ottiene una qualità video decisamente buona nonostante l’impiego di mezzi non professionali. Anche il montaggio curato da Clelio Benevento (già attivo in Viva Zapatero! – Sabina Guzzanti, 2005) costituisce uno dei punti di forza di quest’opera atipica, ma che ha tutte le carte in regola per aprire la strada a un nuovo filone.

Nota
Dopo la presentazione del documentario alla stampa ha fatto seguito un acceso dibattito-conferenza di notevole interesse, ma di taglio spiccatamente politico. Non si è ritenuto necessario includere valutazioni che esulassero dalla dimensione tecnico-artistica dell’opera, limitandosi a recensirla come un normale prodotto filmico. Il contenuto politico è a ogni modo parte imprescindibile dell’opera, e per questo la parte iniziale della recensione è stata dedicata a una breve escursione temporale.

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