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cultura dell'immagine e della parola

(Smog) – Rock Bottom Riser

Cantante: (Smog)
Regista: Brendan Cook & Paul McNeil
Anno: 2005
Album: A river ain’t too much to love


Si entra dentro una cavità in movimento, si esce sull’ultima nota.
Micromondi che ruotano e si plasmano come il pongo nelle mani di un adulto.
Pensieri che si trasformano in oggetti e immagini senza un percorso programmato.

Il video è strutturato in maniera all’apparenza monotona, animato da banali forme bianche e rosse che riempiono la canzone.
È chiaro che di video così non è difficile trovarne, e non spicca certo l’originalità, ma senza voler troppo ricamare l’opera di un gruppo musicale di tale livello e sconosciuto ai più, è tanto inusuale scoprire in un gioiello tale una magnifica idea interpretativa del concetto “videoclip”.
Innanzitutto è evidente il perfetto equilibrio tra musica e immagini; nell’opera è toccante l’approccio a vari livelli: quello visuale non supera mai quello sonoro. I piani sinestetici che il video ha nella sua struttura riescono ad essere equilibrati (e difficilmente questo accade), senza eccedere né in manierismi dell’animazione, né nella semplicità di un video che non vuole irrompere sulla musica.
Il percorso della storia, né troppo didascalico, né troppo raccontato, riesce a portarti in questo buco di immagini senza senso che, successivamente, si ricostruiscono attraverso le proprie percezioni.
I segni della morte, di una personalità che spicca ma non è graficamente disegnata hanno un’ascesa fino alla comparsa, finale, di un uomo, poi di uomini – tante facce – che ricamano con i loro visi liquidi tutto quello che “prima” era ipnotico e misterioso. Bill CallahanMa queste sono interpretazioni.

E’ invece riconoscibile un percorso iniziale più metaforico, mentale, spesso kandiskiano, e un secondo percorso, realizzato verso la fine, umanizzato, dove compaiono figure riconoscibili, interiorizzate dalla musica e da questo percorso inconscio. Per non lasciare che i due livelli sensoriali si distanzino.
Si rimane con stranezza ammaliati, come in un sonno ipnotico da questa cavità che poi sparisce con le urla leggere di una voce che canta ammaliando.

Gocce di sangue o gocce di sperma che gemmano scheletri e cuori.
Gocce di lacrime cadono verso l’alto tra pneumatici, “diving and diving”.
Brecht non aveva ragione, non piove sempre verso il basso.

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