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Polvere di stelle

Polvere di stelle

Mel Brooks, grande narratore di storie folli, porta sullo schermo la magia del musical degli anni sessanta: orchestrazioni, coreografie, luci, ballerine vestite di perle, une splendida e biondissima prima donna: il fascino della storia rocambolesca di Bialystock e Bloom si ammanta dello splendore di Cantando sotto la pioggia (Singin’ in the Rain, Stanley Donen, 1952) Spettacolo di varietà (The Band Wagon, Vincente Minnelli, 1953), Sua altezza si sposa (Royal Wedding, Stanley Donen, 1951), Fascino (Cover Girl, Charles Vidor, 1944). Questa volta non come regista, ma come produttore e sceneggiatore e, non da meno, compositore delle musiche e delle canzoni.

Ogni movimento è candido e innocente, gli attori negli spazi teatrali si muovono come ballerini perfetti e la macchina da presa si trasforma anch’essa in una danzatrice: i suoi movimenti a ritmo di musica seguono gli spostamenti degli attori in modo armonioso e totalmente musicale. Mantenuta e mascherata la frontalità scenica del teatro, The producers sembra svolgersi sotto gli occhi degli spettatori in contemporanea. D’altronde, la regista Susan Stroman e gli attori sono gli stessi che dal 2001 mettono in scena a Broadway la commedia di Brooks, rendendo centrale le performance attoriali e le capacità davvero luminose di ciascun interprete. Il ballo, il canto e la recitazione rendono lo spettacolo completo, impressionante nella sua grandiosità, divertente sui volti degli attori.
E poi, su tutto, lo spirito demenziale di Brooks, irriverente nei confronti di omosessuali e nazismo, spudorato e spassosamente volgare sulle battute sessuali e sempre metacinematografico: in ogni suo lavoro, l’artista non rinuncia a marcare la distanza che esiste tra lo schermo e la platea, non disdegna la boutade sui quattro lati che inscatolano i personaggi («Perché ti allontanato così tanto da Ulla, lì in basso a destra dello schermo?»), insomma, dichiara sempre che la storia è consapevole di essere solo una storia, una finzione, senza che nessuno per questo si rattristi, anzi. Puntuale e fragorosa, la risata del pubblico avvicina l’invenzione alla realtà, godendo per un paio d’ore del miglior cinema d’invenzione.

Curiosità
La regista Susan Stroman racconta l’incontro con Mel Brooks: “Avevo visto tutti i film di Mel e ne conoscevo a memoria tutte le battute. Ero una sua grande ammiratrice, perciò ero molto emozionata. Ho aperto la porta e me lo sono trovata di fronte: Mel, quella leggenda vivente, era lì per me! Invece di parlare, lui ha cominciato a intonare a gola spiegata le note di That face, il brano che apre il secondo atto di The producers. Continuando a cantare, mi è passato davanti, ha percorso tutto il corridoio ed è saltato sul divano. Ha finito la canzone, mi ha guardato e mi ha detto: ‘Salve, sono Mel Brooks’. Io ho pensato: ‘Comunque andrà lo spettacolo, sarà una grande avventura.’”

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