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La girandola dei ricordi

La girandola dei ricordi

«E al contrario di Sharazade, per salvarmi la vita non avrei dovuto raccontare storie,C. Cavina ma ascoltarle». Il protagonista del nuovo romanzo di Cristiano Cavina rovescia il ruolo dell’odalisca de Le mille e una notte, trasformandosi da narratore ad ascoltatore di storie fantastiche. Quelle storie che, raccontate da nonna Cristina, riempiono la sua infanzia di personaggi popolari e contemporaneamente eroici. Nessun medium televisivo e nessun tipo di “oralità secondaria”: i racconti della nonna riprendono la tradizione orale diretta dell’antichità e ricoprono la stessa funzione educativa. Il salotto di una casa popolare si trasforma in una moderna agorà dove nonna, dal suo trono regale, una poltrona scricchiolante, impartisce lezioni di vita al giovane nipote.

Davanti agli occhi del bambino scorre una pellicola interminabile, magnificamente interpretata dai suoi parenti e sapientemente diretta dalla regista-attrice nonna Cristina. Il bambino viene a conoscenza della storia della sua numerosa famiglia, ambientata nel paese romagnolo di Purocielo. Personaggi strabilianti, come il nonno latin lover o lo zio cresciuto in un’osteria, come la zia inseguita da una folla di spasimanti o la mamma attratta dalla campagna. Apparentemente sono diversissimi, nonostante il legame sanguigno; ma c’è un tratto comune a tutti, un’espressione dialettale capace di scuotere violentemente qualsiasi interlocutore: «Tolintesàc» (mettilo nel sacco). Un’esclamazione che esplode dalla gola degli abitanti di Purocielo, posti di fronte all’assurdità della vita.

La parola riprende Federico Fellini («E poi tutti per strada, a festeggiare l’ingresso nel paese di Tolintesàc…»), che ha spesso immortalato nelle sue pellicole questa dimensione famigliare e popolare della Romagna. Il commovente carosello di Mastroianni in <i>8 e 1/2</i>” />personaggi presentato nelle pagine conclusive richiama alla memoria del lettore la scena finale di <i>8 e 1/2</i>. In una stanza di ospedale, rievocati dalle parole del bambino ormai cresciuto, prendono vita gli eroi delle storie di nonna Cristina, uniti in <b>una magica girandola catartica</b>. Nessun conflitto nella storia del bambino; una Romagna in cui gli abitanti convivono serenamente, felici del proprio destino e consapevoli di essere parte di una storia straordinaria.</p>
<p>È l’attestazione dell’efficacia delle storie della nonna: nel momento in cui l’anziana non potrà più raccontare, sarà il suo discepolo a sostituirla nei panni del narratore. Ripetendo a voce le gesta eroiche dei suoi antenati, imparate nei pomeriggi trascorsi ai piedi della poltrona di nonna Cristina, il bambino capirà il senso dei racconti della nonna, l’enfasi posta dall’anziana su particolari apparentemente irrilevanti e i lunghi silenzi consumati divorando mentine. Solamente attraverso il racconto il bimbo riuscirà a dare un senso alla sua condizione esistenziale: l’assenza della figura paterna, la madre scarsamente affettuosa, la nonna immersa nella solitudine.<br />
Un testo semplice, che nella <b>spontaneità di un linguaggio contaminato da influssi dialettali</b>, trova la risorsa adatta a colpire il lettore. Un ritmo incalzante asseconda la lettura, imprimendo nella mente le immagini vivide di realtà spesso dimenticate o relegate ai margini della Storia. Ma la Storia è fatta anche dai piccoli eventi quotidiani, che hanno tutto il diritto di essere custoditi e tramandati di padre in figlio, anzi di nonna in nipote. Nell’era del potere totale dei mass media, Cavina offre uno spunto di riflessione sul primo e migliore medium a disposizione dell’uomo: il racconto orale.</p>
<p><b>Cristiano Cavina</b> è nato a Casola Valsenio, in provincia di Ravenna, nel 1974. Lavora come pizzaiolo, ma la sua vera passione è la scrittura. Nel 2002 il suo racconto “Il Babbo Natale di Viale Neri arriva prima”, è stato pubblicato da Marcos y Marcos nella raccolta <i>Il quarto re magio</i>. Dell’anno successivo è il suo primo romanzo, <i>Alla grande</i> (Marcos y Marcos).</p>
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