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Note stonate

Note stonate

La storia degli esordi del cantante Johnny Cash sembra ruotare attorno ad un percorso di peccato-redenzione. La sua vita appare come il prototipo del mito americano del self made man: l’uomo di umili origini che raggiunge la fama e il successo, ma ne è risucchiato a tal punto da rimanere imbrigliato nelle maglie della droga. Niente di male, perché l’uomo avrà la capacità di risollevarsi, superando gli ostacoli che la società gli pone davanti, anche grazie al suo unico grande amore.
Il film sembra oscillare tra la parabola moralistica e l’affermazione di un amore che supera ogni ostacolo: la vita del cantante ha l’aspetto di una corsa ad ostacoli per un uomo che ha perso se stesso e che poi si ritrova. Nonostante le vicende siano piene di dettagli e si svolgano su un arco di tempo abbastanza lungo, mai lesinando sui dettagli, l’impressione è quella di essere di fronte ad una semplificazione eccessiva e retorica delle vicende e della psicologia del personaggio principale. A questo punto ci si chiede a cosa serva raccontare una storia edificante, le cui contraddizioni sono messe sin troppo in evidenza (il rapporto conflittuale di Johnny Cash con il padre, il suo senso di colpa per la morte del fratello, il suo scontro con la moglie, rappresentata come una sorta di arpia egoista che non ha mai compreso il suo amore per la musica), che si conclude con una specie di riconciliazione universale, senza mezzi termini e con uno stile registico piatto?

Se lo scopo era quello di far venire fuori l’uomo Johnny Cash, cercando di mettere in evidenza le differenze con il suo personaggio sulla scena, perché viene del tutto ignorata l’introspezione?
In questo film viene imposta allo spettatore una visione manichea di bene e male (tutto in stile occidentale, bene intenso) che si risolve con uno sdolcinato happy ending da pelle d’oca (del disgusto, si intende).
Magari le vicende sono veramente andate così, potrebbe rispondere qualcuno. In effetti il regista e lo sceneggiatore hanno lavorato per anni cercando di ricostruire la vita del cantante e di June Carter, il suo “eterno amore”, tramite interviste ai due e rileggendo le due autobiografie del cantante. Prontamente si potrebbe ribattere che la messa in scena di una storia non è la storia stessa, e che questo film, per quanto fedele possa essere alla vita di Johnny Cash, risulta essere solamente una favoletta sull’orco cattivo che si redime e diventa amico di tutti i bambini (!).

Il film prende vita solamente nei momenti in cui il cantante è sulla scena. I suoi duetti con June Carter (sia musicali che di dialogo) sono convincenti e divertenti. E’ come se per questi due personaggi l’esibizione fosse l’unico momento in cui effettivamente essi si possano rivelare e, quindi, rappresentare. Tutto questo anche grazie agli interpreti, Joaquin Pheonix e Reese Witherspoon, che animano il palco con le loro voci, con i loro gesti. Sono questi i momenti del film che danno una sensazione di vivere un’epoca (quella della fine degli anni cinquanta e dell’inizio degli anni sessanta) in qualche modo rivoluzionaria per gli Stati Uniti e non solamente per la musica.

Curiosità
I due protagonisti hanno ricevuto la nomination all’Oscar come miglior interprete maschile e femminile. Il film ha ricevuto altre due nomination: montaggio e costumi.

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