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L’ultima illuminazione

L’ultima illuminazione

Roche è una cittadina francese situata nel dipartimento delle Ardenne. Il cielo qui non ha mai avuto sfumature, solo un colore grigio che entra nelle ossa e nei pensieri. Nel 1891 però un avvenimento inaspettato turba la tranquillità immobile delle campagne, una ventata d’aria calda che infuoca antichi dolori. In un mantello di afa africana e ricordi, Arthur Rimbaud torna a casa. Dopo avere peregrinato lungo tutta l’Africa cercando un mestiere, essersi stabilito in Abissinia ed aver sorseggiato la vita in ogni sua versione, ora, con una gamba in cancrena per una grave malattia, varca la soglia della fattoria materna con un sorriso sarcastico e dolorante.

Da questo momento comincia il diario di Isabelle, sorella minore di Arthur, descrivendo i giorni di malattia e delirio di un fratello di cui la Storia ricorderà per sempre il nome. Dietro l’escamotage del diario immaginario, Philippe Besson narra gli ultimi giorni di un genio della poesia, di colui che incastonò nei versi l’anima e le sue illuminazioni. L’autore ci immerge nell’intimità di una storia familiare, in quella delicata esplorazione dei rapporti fra le persone che già avevamo osservato negli altri suoi libri. Le pagine e i giorni passano tra ricordi e tormenti, fra racconti indicibili, che i posteri non dovranno mai sapere, e la testimonianza di quei giorni ultimi. Così la mano di Isabelle scrive e sfoga le proprie rabbie, le incomprensioni profonde, i risentimenti e i desideri di una donna che della vita ha visto solo i campi della fattoria in cui vive e la freddezza di una madre incapace di sorridere. Besson le imprime una scrittura elegante e riflessiva, puntuale nel registrare pensieri e avvenimenti. L’ateismo, l’omosessualità, tutto Arthur Rimbaud racconta: e saranno narrazioni che lasceranno una cicatrice nella protagonista, un segno che rimarrà nei giorni che seguiranno le veglie e la morte. Così l’autore ci presenta un mito moderno sotto un’angolazione originale e lascia che a farlo siano gli occhi di una donna, le parole di una sorella abbandonata al suo destino.

Basandosi sui testi di Jacques Lefrère e Claude Jeancolas, Besson inventa e interagisce con le vicende della famiglia Rimbaud, ricostruendole con la capacità di entrare nell’animo, di osservare i movimenti del cuore. Lo scorcio che ci mostra, ben delineato, sembra però incompleto. Il lettore sa che la storia prosegue dopo il punto finale, va al di là delle parole, non può interrompersi al funerale del fratello. Il libro, quindi, prende una sua strada, un cammino che non è necessario scrivere, ma che è possibile immaginare. Sappiamo del fardello ricco di incomprensioni che resterà, della vergogna che si misurerà con la fede, dell’orgoglio che apparirà con la gloria. Sappiamo che seguiranno dei giorni. I giorni fragili di Isabelle Rimbaud.

Philippe Besson è nato a Parigi nel 1967, dove tuttora risiede. I suoi romanzi apparsi in Italia sono E le altre sere verrai? e Un amico di Marcel Proust, entrambi pubblicati da Guanda.

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