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cultura dell'immagine e della parola

Green Day – Bullet in a bible

Regista: Samuel Bayer
Anno: 2006

Land of make believe, and it don’t believe in me

Tutto è iniziato con Jesus of Suburbia: un video-film di 9 minuti, passato di notte su MTV, che lo considerava troppo forte per le fasce protette. Troppo forte per chi?
Mi ricordo un video di Christina Aguilera in cui lei, vestita da street girl, montava su e giù sopra una canna di plastica che spruzzava acqua, la stringeva con la mano, e andava su e giù… quello era forte per la fascia protetta di TRL.
Si assomigliano come fratelli i video di Bullet in a Bible e Jesus of Suburbia, così come il discorso di American Idiot è passato attraverso Boulevard of broken dreams e Holiday . Sporchi e stracciati, parlano di disillusione, rabbia e ribellione, solitudine.

Bible with the bullet in it

2001: Odissea nello spazio, un sole calante sulla visione aerea del Milton Keynes riempito di gente. Lo show dovrà essere trionfale. Prima: Billie Joe Armstrong, un bianco e nero vicino alla sua faccia, gli occhi pesti, pieni di ombre, che parla di sé e della musica, la totale unione di un musicista con i suoi suoni. Bayer non ha dubbi, vuole raccontare qualcosa, una favola forse, i tre porcellini che devono affrontare in una notte il lupo cattivo, che soffia, soffia canzoni. E lo fa usando tutto quello che ha: dettagli e campi lunghissimi, colore e bianco e nero, tecnologia e invecchiamento dell’immagine, sovraesposizioni, fuori fuoco, ralenti, accelleramenti, movimenti e camere fisse. Usa l’intervista, per quanto gli è possibile, vicina e intima, immersa in un bianco e nero che grida: “ehi, questi sono i Green Day, ma sono diventati grandi, vecchi…” Saggi? Si, perché il B&N nobilita, romanticizza qualsiasi cosa, la rende epica e seria, fa luccicare gli occhi di emozioni…
Il più grande concerto nella storia del gruppo, 60.000 persone, per il loro più grande album. Loro lo sanno, lo dicono semplicemente: sappiamo di non aver mai fatto nulla di così buono. Bayer ha fatto in modo che questo “buono” fosse visibile.
Sacralità e violenza: un evento, uno show spettacolare, fuochi, la consacrazione di decine di migliaia di persone a saltare e cantare, il silenzio e i riti del gruppo prima di salire sul palco, i pensieri; quindi la pellicola sporca, le bruciature fatte da Bayer stesso con la sigaretta, i fuori fuoco, un bianco e nero pastoso: tutto sembra già passato, consacrato. Un evento bloccato nel tempo, consumato dal futuro.

Poi, un buon “fucked punk – rock”, una musica cresciuta, ma aggressiva. Per storia e nascita, i Green Day si sono sempre considerati un gruppo new punk, nel loro DNA ci stanno “explicit content”, ribellione, una buona dose di critica politica contro. E allora fuochi, spari, masturbazione: il video si sovrespone, le luci spaccano l’immagine in mille pezzi, i colori colano sulla gente. E un dubbio da subito: quanto veramente “si vede” di questo concerto? Un montaggio che segue la musica e il suo carattere. Immagini che si susseguono bianche, nere, chiare e scure, dove il fuori fuoco è il cuore. È la musica a vedersi e le immagini si inchinano, canzone dopo canzone. Limpida, l’emozione da concerto traspare da tutto quello che non si vede chiaramente, ma che, come qualunque buon prodotto video, tocca dentro.

Roll roll roll a joint, twist it at the ends, Light it up and take a puff and pass it to your friends: la mancata intervista a Tré Cool è una delle cose più divertenti del video. Un personaggio folle, che non viene mai intervistato da Bayer come Armstrong e Dirnt, B&N sporco, intimità, pensieri personali… Gli altri due cercano di descrivere il batterista, ma con poco successo. Bayer ha rubato immagini di Tré Cool, con Basket Case in sottofondo, le sue improbabili frasi, soprattutto le sue facce alla macchina da presa. Ne nasce un personaggio da cartone animato, pazzo e bellissimo, l’anima schiva e infantile dei Green Day. E la cosa bella, per una volta, è che sembra tutto vero.

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Monografia: Samuel Bayer

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