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Prend garde à Carmen!

Prend garde à Carmen!

L’operazione non è di per sé particolarmente originale: il cinema da tempo ci ha abituati a trasposizioni di capolavori teatrali in cui alcuni tra gli elementi principali (testo, personaggi) vengono mantenuti inalterati ma spostati di contesto (ambientale, sociale…). In questo caso, un regista teatrale – l’inglese Mark Dornford-May – ha scelto per il suo esordio dietro la macchina da presa nientemeno che una tra le opere tragiche più famose della tradizione lirica, la Carmen di George Bizet, rappresentata per la prima volta al Teatro Dell’Opera Comic di Parigi nel 1875, e inizialmente snobbata da pubblico e critica.

Sotto il sole accecante dell’Africa si srotola una storia che è in tutto e per tutto simile all’originale, salvo, ovviamente, i nomi dei protagonisti. Carmen è nera, questa volta, fuma il sigaro e parla xhosa, e la sua storia personale sembra volersi fare portatrice di un contenuto sociale che è profondamente legato al suolo su cui essa si svolge: l’autore prende a prestito la vicenda di Carmen per parlare del progresso sociale delle donne nel Sud Africa democratico, uno dei motivi per cui la pellicola ha avuto tanto successo in patria. All’anteprima di U-Carmen a Khayelitsha sono accorsi migliaia di spettatori, spesso appartenenti alle famiglie degli stessi protagonisti.
Alle spalle del film c’è una tournée teatrale lunga tre anni, che ha portato la compagnia di Dornford-May (Dimpho di Kopane) sui palcoscenici di tutto il mondo: qual è il senso di questa trasposizione sugli schermi? Stando alle dichiarazioni dell’autore, raggiungere una visibilità altrimenti molto limitata per un progetto che è nelle intenzioni dichiaratamente politico. Da un punto di vista artistico e filmico, non si può negare che il film possieda un certo fascino: quello dei volti e delle voci immortalati dalla camera a mano, quello di una storia unica ma immersa nel quotidiano movimento di una città spesso vista col grandangolo, quello di un personaggio, Carmen, che appartiene al mito, impersonato da un’attrice (Pauline Malefane) piena di grinta e dalle notevoli doti vocali, la stessa che ha curato anche la traduzione del libretto nella lingua indigena Xhosa.

Resta nell’aria l’interrogativo eternamente irrisolto sui rapporti tra il Cinema e altre arti: com’è noto, non tutto può essere tradotto / trasposto. Probabilmente il fascino della lirica necessita, per potersi manifestare al meglio, del Teatro. Ma alle sottrazioni imposte dalle regole della cinematografia corrispondono, in questo caso, altrettante aggiunte, che ricompensano lo spettatore per ciò che inevitabilmente va perduto.

Curiosità
Esistono più di cinquanta adattamenti cinematografici della Carmen: tra gli indimenticabili registi che vi si sono cimentati, Jean Luc Godard, Carlos Saura, Francesco Rosi, Ernst Lubitsh, Cecil De Mille, Charlie Chaplin.

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