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L’eleganza e la leggerezza

L’eleganza e la leggerezza

Ispirato da una vicenda realmente accaduta, con Lady Henderson presenta il regista britannico Stephen Frears ci propone un’opera irriverente e schietta, che intreccia sapientemente momenti di godibilissimo graffiante umorismo con un presente intessuto di eventi drammatici, dall’inevitabile gusto amaro.
Tra commedia e tragedia quindi, che poi altro non è che la trama del vissuto quotidiano di ciascuno, sfilano i protagonisti: la ricchissima quanto eccentrica vedova Lady Henderson, interpretata da una straordinaria Judi Dench, per cui la nomination al Golden Globe appare dovuta, e il burbero direttore teatrale Vivian Van Damme, alias Bob Hoskins, anch’egli in forma smagliante. Insieme i due cocciutissimi personaggi danno vita a una strana coppia che più litiga e più sembra andare d’accordo, in un fittissimo ed esilarante scambio di insulti, rimproveri, provocazioni e rivalse, ovvero l’esclusivo modo che hanno di riconoscersi reciprocamente affetto e stima.

Rimasta vedova, Lady Henderson ricerca un’attività a cui entusiasmarsi, possibilmente ben più vitale del ricamo o degli incontri a scopo benefico dell’alta borghesia inglese, in atmosfere rigorosamente grigie e stantie. In fondo, la sua è soprattutto la ricerca interiore di un’agiata settantenne che non può più – e non deve – esistere socialmente soltanto in quanto moglie di, ma che cerca nuova linfa vitale e una divertente maniera di esprimersi come singolo: la trova restaurando un vecchio fatiscente teatro in vendita, il Windmill Theatre e affidandolo all’esperienza del creativo impresario Van Damme.
Un teatro che la Storia consegnerà al mito, grazie alle geniali trovate della coppia: mandare a orario continuato gli spettacoli e, soprattutto, denudare le ballerine raffigurandole come tableaux vivants per aggirare la puritana censura di Lord Chamberlain ed assicurarsi il tutto esaurito. Il dramma della Seconda Guerra Mondiale irrompe però nella vicenda, mutando in parte il destino dei protagonisti e scoprendo il segreto che Lady Henderson custodisce e che giustifica la sua simpatia per i giovani dell’esercito, a cui vuole donare momenti di felicità e spensieratezza. Come un baluardo inespugnabile però, il Windmill Theatre rimane sempre aperto, anche nei peggiori momenti del sanguinoso conflitto.

L’eclettico Frears dirige alternando sapientemente momenti di ilarità ad altri di intensa malinconia, senza scadere mai nel facile sentimentalismo del melodramma, ma mantenendo sempre il giusto distacco critico dagli eventi e soprattutto un’agilità e una vivacità del ritmo narrativo molto godibile. Non mancano poi filmati di repertorio che documentano i fatti salienti del conflitto e che ben si inseriscono nelle atmosfere retrò della vicenda, così come l’attenta fotografia e la minuziosa ricostruzione delle scenografie restituiscono immagini plasticamente piene e definite che rasentano la perfezione pittorica. E tra riso e commozione, il pubblico ringrazia l’autore anglosassone per intelligenza e leggerezza.

Curiosità
Nell’Enciclopedia dello Spettacolo di Silvio d’Amico si legge che il Windmill nacque come cinematografo e fu trasformato in teatro di prosa nel 1931; più tardi divenne un teatro di varietà a ingresso continuato. Nonostante i bombardamenti e la durezza della vita londinese, gli spettacoli continuarono con lo slogan «We Never Closed», trasformato ironicamente in «We Never Clothed».

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