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La mia Africa

La mia Africa

Sulla testa di una giraffa, Kirikù non sembra preoccuparsi troppo della necessità di sfuggire ai perfidi feticci della strega Karabà. Sta compiendo il viaggio più bello della sua vita: vinto il limite fisico che più lo corruccia, la statura, osserva la varietà del paesaggio africano. La foresta, il deserto, il Kilimangiaro.
Già eravamo stati stupiti da Ocelot per i colori abbaglianti e le scenografie di Kirikù e la strega Karabà (1998). Qui i paesaggi riempiono gli occhi dello spettatore, insieme a quelli di Kirikù, mentre il titolo non fa che confermare che coprotagonista del film è l’ambiente selvaggio e meraviglioso da cui le fiere si materializzano e a cui ritornano, quel cosmo dalle regole dure ma in cui uomini e animali sono parti equivalenti di un unico equilibrio.

In questo secondo Kirikù manca il soffio poetico che tanto brillava nel primo, l’amore reciproco che salvava Karabà dalla malvagità e trasformava il bambino in adulto. Le quattro fiabe raccontate dal saggio nonno hanno bisogno di qualche ammiccamento al primo Kirikù per comprendere appieno il personaggio protagonista: Kirikù è colui che si pone delle domande e che è affascinato dalla complessità umana, ma suoi momenti di riflessione non trovano una giustificazione effettiva nelle vicende narrate. Kirikù pone domande sulla strega Karabà e corre a osservarla mascherato da feticcio per ricordarci che questo è il personaggio che abbiamo conosciuto, non perché la storia necessita delle sue domande.

La struttura narrativa frammentata e a volte diluita di Kirikù e gli animali selvaggi trova unità e densità ancora una volta nelle scenografie di Ocelot e Galup, nei paesaggi da sogno che si susseguono, inquadratura dopo inquadratura. Il paesaggio è la vera costante che assorbe ogni altro elemento del film, primo fra tutti la narrazione. Il piccolo Kirikù corre velocissimo fra gli alberi della foresta, puntino di cui si serve il disegnatore per riunire in un unico quadro tutte le varietà di foglie, di terre, di alberi, di fiori e animali che colorano l’Africa. E lo spettatore dimentica alla fine per quale motivo il piccolo Kirikù stia correndo, per naufragare nelle terre del continente nero.

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