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Influenza aviaria

Influenza aviaria

Gli studi Disney proseguono il loro terrorismo mediatico infantile a colpi di matricidi animati. Per l’ennesima volta, il pollastro protagonista della nuova pellicola made in Orlando è figlio orfano di madre e delusione di padre, una sorta di galletto Vallespluga tronfio dei suoi successi e incapace di godersi un figlio che mai arriverà alle World Series. La struttura narrativa di Chicken Little ricalca così una lunga tradizione di topoi della letteratura / cinematografia infantile per cui il piccolo pulcino indifeso dimostrerà al mondo intero il suo valore, rivelandosi assai più furbo e abile di un branco di adulti petulanti e incapaci di prendere sul serio un individuo alto fino alla propria cintura.
Chicken Little, orfano di madre, è quindi lontano cugino di Bambi, Semola, Peter Pan, Simba, Nemo e tutti i poveri cuccioli disneiani cresciuti senza l’affetto materno. Sarà il piccolo pennuto a dover conquistare l’affetto del padre, deluso dalla sua poca prestanza atletica. Non a caso il primo riscatto avverrà proprio sul campo di baseball. Quando però tutti gli volteranno le spalle, solo lui saprà capire quale è il problema che spinge gli alieni al tentativo di distruggere il mondo. La ricongiunzione di una famiglia, madre padre e figliolo, risulta quindi una questione aliena, che solo gli “altri” riescono a ottenere. Deduzione forzata o dichiarazione di intenti suggerita?

Chicken Little è il primo lungometraggio realizzato esclusivamente sotto il marchio Disney, senza l’anima tecnologica della Pixar, e si vede. Ottima la fluidità dell’animazione, ma la qualità generale è decisamente più bassa rispetto agli ultimi lavori (Monster & Co., – Monsters, Inc., Pete Docter, 2000; Gli incredibiliThe Incredibles, Brad Bird, 2004), approssimazione da imputare soprattutto a un budget di produzione evidentemente più contenuto. Dopotutto la Disney esce sul mercato annualmente con almeno due film, una megaproduzione (per l’anno prossimo si aspetta Cars di Lasseter) mentre il secondo film è spesso più contenuto anche nelle aspettative (l’anno scorso è toccato a Winnie Pooh e gli EfelantiPooh’s Heffalump Movie, Frank Nissen, 2005) e Chicken Little rientra evidentemente in un prodotto del secondo tipo. Senza infamia e senza lode, direbbe il poeta. Nulla di più di quello che offre un buon prodotto televisivo per ragazzi, confezionato con un ottimo pacchetto natalizio.

Piccola marchetta per far digerire il film agli adulti accompagnatori dei mocciosi in prima fila sono i continui ammiccamenti e le citazioni cinefile, soprattutto a La guerra dei mondi (War of the Worlds, Steven Spielberg, 2005) a cui il film fa il verso per tutto il secondo tempo. Se Monster & Co. era un capolavoro di originalità e capacità di fondere elementi adulti e infantili, qui la materia non si amalgama e risulta per certi versi indigesti. Il gioco comincia a mostrare le corde e a stufare.
Una piccola, ulteriore considerazione: l’amico porcello di Chicken Little, Aldo Cotechino, è tratteggiato per tutto il film con comportamenti e ammiccamenti di chiaro sapore omosessuale ma, alla fine, viene fatto “innamorare” di Dina Volpefina, dopo che un ricomponimento molecolare l’ha trasformata in una sorta di volpe transessuale… perché? Mah… piuttosto che pensare al motivo di certe scelte, cercherò di acchiappare il pulcino quattrocchi per contare se ci sono tutte le 76000 penne che la Disney si vanta di avergli cucito addosso!

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