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cultura dell'immagine e della parola

Il corpo è l’unico testimone della nostra esistenza

Il corpo è l’unico testimone della nostra esistenza

L’ultimo lavoro di Shinya Tsukamoto rappresenta, non nei contenuti ma certamente nell’estetica, un’ulteriore evoluzione artistica del regista giapponese. La ricerca che attraversa tutta la sua carriera, quella sulla simbiosi dell’uomo in relazione all’ambiente metropolitano (il celebrato Tetsuo), raggiunge un risultato inatteso e invertito. Se il corpo rimane il centro privilegiato di riflessione ed esplorazione, è anche un oggetto d’indagine che assume il simbolo di macchina perfetta (rinascimentale nella visione dei canoni estetici). Esso rimane relegato al suo rapporto intrinseco con la Natura e non solo come metafora di macchina in continua trasformazione. La relazione innescata è tra il corpo, la Natura e la propria coscienza. Il corpo va oltre, superando il binomio anima/corpo che prevede sempre un distacco in termini. Nel film, l’anima è definita attraverso il corpo (in Tetsuo invece il corpo è simbolo psicologico di nevrosi) e i confini che la materialità ha nei confronti dello spirito esistono perché sono cancellati.
Il corpo è documento dell’anima. L’anima non esiste senza il corpo.

Vital è praticamente diviso in due: l’anima segue il corpo e viceversa.
Il film è visivamente diviso tra le scene ambientate durante il corso di medicina, dove regna il bianco e i colori del corpo e quelle oniriche, nelle quali Tsukamoto rivela tutta la sua passione per le immagini (le scene della danza). Tsukamoto evita patetismi, raccontando attraverso flash back la loro storia e strumentalizzando tale tecnica come meta-racconto (veritiero o forviato dall’amnesia del protagonista?).
Scenari lontani e liberi dalle contraddizioni del reale e della temporalità acquistano uno spazio nuovo all’interno dell’Universo creato: il vero plot è il corpo, indagato per tentare di carpire verità fondamentali e segni di memoria, senza appoggiarsi a Dei illuminanti o a intenzioni psicologiche.
Il senso di smarrimento e di frattura con la realtà in cui si è trascinati dalla mente dei protagonisti è reso nella frammentarietà delle scene e dalla cura fotografica che in Vital gioca sull’opposizione di tonalità calde e fredde per sottolineare la condizione dei personaggi.
È la Natura il luogo della verità, la dimora delle risposte universali cercate nel film, come la colonna sonora che sapientemente gioca su toni morbidi e voluttuosi.
Vital è poesia, brevi e versi incatenati in cerca di catturare la sfuggente verità che si manifesta dentro il nostro corpo: la materia è simbolo del mistero ultimo della nostra esistenza.

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