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Il ritorno di Crowetown

Il ritorno di Crowetown

Cameron Crowe’s way di Antiniska Pozzi

Ancora una volta Cameron Crowe trae spunto dal proprio vissuto per offrirci uno spaccato di vita – o meglio della sua personale visione della vita – che si presenta come quanto di più affascinante possa esserci, anche il giorno dopo un fallimento o alla vigilia di un funerale. C’è la morte di un padre, e quando i padri muoiono succede che si vedono anche cose che si era smesso di guardare: un vecchio adagio dice “se non sai dove stai andando, cerca di ricordare da dove sei partito”. E così il protagonista (bello e bravo Orlando Bloom, anche se le signore qui la fanno da padrone), Drew Baylor, parte per questo non solo metaforico viaggio a ritroso nella propria infanzia e avanti nel futuro: l’occasione è il funerale del padre appena morto a Elizabethtown (Kentucky), la causa è un colossale fallimento professionale sbattuto addirittura sulla prima pagina dei giornali.

Una vena di ottimo humour nero attraversa tutta la commedia: ogni giorno porta in sé lacrime e risate, quello che conta è essere capaci di lasciarsi affascinare dai “giochi” del Destino, di lasciarsi emozionare dall’imprevisto e dalle infinite possibilità che la vita ci offre. Quello che Crowe chiede allo spettatore. E’ un film proprio alla Cameron Crowe, pieno di entusiasmo trascinante per i dettagli della vita quotidiana, dove tutto si mescola, dramma, romanticismo, umorismo, banalità. Come sempre una colonna sonora straordinaria e talvolta quasi prevaricante, accompagna i protagonisti e lo spettatore in questo viaggio.

E’ anche un film discontinuo, a volte troppo pieno di “cose”, di sentimenti e caratteri, ma è anche vero che questo è quel che accade nella vita reale. “Vita” è forse la parola chiave del film, quella che lo conclude, ed è significativo quando tutta la trama ruota intorno a un lutto. A farsi portatrici della parte più ottimista della storia sono le due protagoniste, la hostess Claire (grande Kirsten Dunst), che Drew incontra in volo e che sarà fondamentale per i suoi cambiamenti interiori, e la madre di Drew, Hollie, gran bel personaggio a cui Susan Sarandon dona tutta la sua vivacità attorale. A dire la verità tutti i personaggi meriterebbero uno spazio che in questa sede non è possibile concedere, e contribuiscono a creare un quadro veritiero e variegato della provincia americana, nonché un convincente spaccato di umanità.


Ma Dio ha chiesto un cachet troppo alto? E l’Uomo? – Documentario sulla Natura di Alberto Soragni

Drew Baylor (alias Orlando Bloom) è sulla linea di un confine. Quel confine naturale della vita di un Uomo che porta necessariamente al cambiamento. Secondo Crowe, i cambiamenti non sono mai una scelta dell’Uomo, non sono mai legati alla propria voglia di cambiare. È altro. È tutto barbaramente “a senso unico”.
Sembra che ogni essere umano sia destinato alla sua strada senza uscita.
Il destino è un dettaglio della vita, come la forma degli occhi, come la Morte. Tutto il corso della vita esiste. Vivo, quindi esisto.
Cameron Crowe è un abile biologo pop: come un documentario post romantico (romantico nella dichiarazione che fa della Natura, monumentale nella sua Imponenza e Intoccabilità), descrive uomini che si comportano da salmoni deponendo le loro uova come di istinto. La Natura vigila sopra tutti noi, manichei, destinati a una vita regolata dai “fiasco” o dalla ”facilità”, da un decorso naturale che ha logici ostacoli da saltare.
La mappa (ultima tappa del viaggio di Vita di Drew) creata nel finale da Claire è naturalmente (nel senso pieno del termine) l’inizio nuovo di un viaggio ed ennesimo ostacolo dell’Uomo che subisce la sua Impotenza: la ricerca finale, che è simbolo della “Vita” (tutto è regolato da concetti nominali che cercano di scuotere l’immaginario), è anche il simbolo della Fine (nel suo senso di Fine della Creazione) e opposto al concetto di Immortalità. Il padre sembra morire per lasciare quel vuoto materiale che porta ad un’altra tappa della “Vita” (come le tartarughe che covano sulla spiaggia), la mappa del tesoro è l’inizio di un nuovo percorso e quindi nuova tappa di qualcosa che non c’è dato sapere.

La pioggia sarà naturalmente salvifica
Il superamento delle proprie difficoltà è la capacità di assumere posizioni e nuove responsabilità significa solo riacquistare autostima, significa lasciarsi guidare da una mappa obbligata (mai uscire dai propri binari, prego). Da perfetti animali cerchiamo solo di superare alcuni limiti che la vita materialmente ci chiede di affrontare (la Morte è naturale; la pioggia arriva perché qualcosa si è incendiato; l’Amore arriva perché ne abbiamo bisogno).

Ma l’Uomo riesce a vedere, in tutto questo, la propria esistenza? La sua forza? È pronto a non riconoscere altro che la mera naturalezza della vita? (Confronterei, a merito, il suo inverso antropocentrico, Donnie Darko – id., Richard Kelly, 2001).
Non è necessario, forse, concepire altro? L’enigma nascosto? Un Dio che tira le fila?
La facilità di Crowe sta nel suo limite: non lasciare il dubbio che qualcos’altro, di più mistico, può essere parte di questa nostra strana esistenza che il regista non esita mai a chiamare “vita”.
Forse la vita è solo questo. Complimenti, comunque, Mr. Crowe.

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