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Intervista a Scott Derrickson

Film campione d’incassi negli Stati Uniti, The exorcism of Emily Rose è la terza pellicola di Scott Derrickson, autore horror ma anche soggettista di La terra dell’abbondanza di Wim Wenders. Con lui abbiamo parlato delle difficoltà nel realizzare un film che si pone come obiettivo quello di incrociare diversi generi.

Com’è nata l’idea di The exorcism of Emily Rose?

Ho letto la storia realmente accaduta, e l’ho trovata molto interessante. Ho pensato che ci sarebbe stata la possibilità di combinare due generi come in una sfida, un qualcosa che non era mai stato fatto. Il film ha la struttura classica di un horror, con continui climax che alzano e abbassano la tensione. La differenza con l’horror classico sta nel fatto che, grazie alla parte processuale, la tensione viene creata non solo con elementi tipici del genere, ma con meccanismi più sofisticati.

È stato complesso quindi il lavoro in sceneggiatura?

La scrittura della sceneggiatura è stata la più grande sfida per noi: abbiamo cercato di sviluppare tutti i personaggi, anche i più piccoli, trattando in maniera approfondita sia gli elementi soprannaturali che quelli processuali. Le difficoltà maggiori in fase di scrittura sono proprio derivate da questa doppia natura del film: da una parte le scene horror, dall’altra quelle processuali, che sono state trattate in maniera più teatrale. Inoltre è stato fondamentale prendere il tema più seriamente possibile per renderlo realistico e poterci fare su moltissime domande senza per questo renderlo noioso. C’erano molte aspettative sul film, dovevo assolutamente realizzare qualcosa di esplosivo, che fosse d’intrattenimento, che facesse davvero paura. Ma non volevo solo questo, volevo anche provocare qualcosa di diverso nello spettatore. Ed è quello che ho cercato di fare.

Come si può riuscire a fare un film sugli esorcismi dopo L’esorcista senza cadere nel già visto?

L’esorcista è il mio film horror preferito. Penso che rifare un film come quello sia impossibile. Molti registi hanno provato a fare film di quel tipo e hanno fallito. Questo secondo me perché hanno cercato di imitare L’esorcista rendendolo ancora più “esorcistico”. Noi invece siamo partiti da un punto di vista diverso, decidendo di eliminare qualsiasi esagerazione, e in effetti ci sono pochissimi effetti speciali, tutto quello che si vede è merito di Jennifer Carpenter. Penso che il pubblico sia pronto a un tipo di horror diverso, che punta più sulla sostanza che sull’effetto.

Per quale motivo per le parti principali sono stati scelti due attori, come Laura Linney e Tom Wilkinson, dalle forti basi teatrali?

Ho scelto questi due attori prima di tutto per la loro bravura. Nel caso di Laura Linney, ha poi pesato il fatto che volevo che il film non fosse definito un horror di serie b. Per far questo è fondamentale che ci siano dei nomi di richiamo, e Laura lo è. Tom Wilkinson invece ha accettato subito dopo aver letto la sceneggiatura. Non ha nemmeno parlato con me, è stato come un atto di fede e per questo non posso far altro che ringraziarlo.[img4]

Che reazioni ci sono state nell’opinione pubblica americana, visti i temi religiosi trattati nella pellicola?

Eravamo da subito consci del fatto che ci sarebbero potute essere reazioni forti. La nostra intenzione però non era quella di predicare un punto di vista o di convincere qualcuno. Oggi senza dubbio la religione è molto politicizzata, ma non è quello che ci interessa.
In questo film abbiamo inteso la religione come religiosità nella sfera personale e infatti finora le reazioni sono state, anche forti, ma tutte in senso positivo.

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