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La morte proviene dal medioriente

La morte proviene dal medioriente

Il destino dei ruoli cinematografici scelti da Jean Reno pare ormai essere vittima del reiterarsi delle medesime scelte: poliziotti adepti a fumo, alcool, pessimo cibo, con problemi personali e poca voglia di essere di esempio a colleghi più giovani e inesperti. Capitava, tra l’altro, anche nel fanta thriller I fiumi di porpora (Les rivieres pourpres, Mathieu Kassovitz, 2000) e si ripete con scientifica regolarità anche questa volta, in una nuova trasposizione di un romanzo d’oltralpe scritto sempre da Jean Christophe Grangé.
Chris Nahon, appassionato del cinema poliziesco e thriller in salsa Usa, confeziona una pellicola pronta per le platee d’oltre oceano, tramutando la Parigi sotteranea descritta capillarmente da Grangè in una metropoli bagnata costantemente dalla pioggia, degna della Los Angeles pulp di Ridley Scott in Blade Runner (id., 1982), dove gli inseguimenti si susseguono veloci e accompagnati da una musica di sottofondo che raggiunge toni ben al di sopra della norma.

Le premesse per ricavare una buona pellicola parrebbero quindi esserci tutte. Fra queste la felice intuizione di far virare l’indagine iniziale dal tema del serial killer a quello della fanta politica, ma alla fine, nonostante ciò, si può affermare che la macchina messa in pista da Nahon sbandi pericolosamente. La predilezione per un’ambientazione in cui si preferisce lo scontro alla parola e alle spiegazioni rappresenta il limite di una sceneggiatura che semina lo spettatore lungo il suo dipanarsi, proponendo due situazioni parallele difficilmente conciliabili, che quando si incrociano non vengono approfondite a dovere, a causa di buchi in fase di montaggio e lacune nella presentazione dei personaggi. Personaggi che inoltre ricalcano stereotipi del genere, fra i quali il poliziotto giovane e ribelle Paul Nerteaux, interpretato da Jocelyn Quivrin e quello anziano, radiato e presunto corrotto: Jean Luis Schiffer, interpretato da Reno.

Nahon non riesce quindi a colpire nel segno, sprecando un buon romanzo e un buon cast, in cui nemmeno attori esperti come lo stesso Reno e Laura Morante, nel ruolo della psicologa Mathilde Urano, riescono a dare alla pellicola quel poco di logica che poteva esserle d’aiuto. Pellicola che nel complesso si lascia vedere dagli appassionati dei film corri e spara, ma che si dimentica facilmente come la prima pioggia autunnale.

Curiosità
Jean Reno dopo aver girato questa pellicola ha affermato con certezza che d’ora in poi interpreterà solamente ruoli comici.

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