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cultura dell'immagine e della parola

Robbie Williams – Trippin’

Artista: Robbie Williams & S. Duffy (lyrics)
Brano: Trippin’
Album: Intensive care
Regia: Johan Renck
Production designer: Lauri Faggioni
Anno: 2005


Il video non ha una vera e propria storia ed è furbescamente ambientato in un albergo in stile anni ottanta, chiarissimo riferimento a quello di Shinning (id., Stanley Kubrick, 1980), entro il quale Robbie si perde, correndo spasmodicamente all’indietro. Incontra strani personaggi come il gigante vestito da donna, le gemelle ormai ben cresciute e intente in effusioni lesbo e bambini dal sorriso satanico.
Il suo incubo diventa anche il nostro e ci perdiamo con lui tra gli anfratti di un labirinto di siepi, mentre percorriamo con piedi lunghi come pinne corridoi vegetali, inquietanti e tetri. E’ una lunga, inesauribile, oppressiva sensazione di claustrofobia.
Le inquadrature con grandangolo si susseguono, uno dopo l’altra, incessanti, insistenti. Si sente pressante il bisogno di fuggire, di fuggire da quei luoghi che sono per metà consueti, famigliari, colorati e graficamente infantili, ma che hanno sempre qualcosa di strano, di amorfo. Corriamo insieme allo stesso Robbie mentre cerca l’uscita da quel mondo da incubo, inutilmente, senza una meta, incontrando figure inquietanti ma distratte, che forse non ci vedono neppure.
Altro elemento portante del video sono le scale.
Scale infinite e paradossali dell’inconscio, assurde come in una grafica di Escher, che non portano da nessuna parte ma che vanno percorse sino in fondo, via crucis senza fine, necessarie se si vuole ancora sperare di poter abbandonare quel luogo maledetto.
Robbie sogna.
Robbie si agita e suda nel suo letto.
Come un uomo qualunque dopo una giornata terribile, viene sopraffatto dalle proprie paure che affiorano e prendono a tratti il sopravvento.
Sono le paure di una generazione, il timore di essere inglobati in un ingranaggio troppo grande, troppo forte, famelico e spietato che divora inesorabile ogni possibilità di scampo. Ed è proprio un’uscita che Robbie Williams sembra cercare.
Dall’inizio alla fine del video, ora a piedi, ora in macchina, ora accompagnato da folli figure, ora solo, è inseguito da un ombra inesistente, che fiutiamo senza poter localizzare definitivamente, se non in un luogo remoto nascosto e recondito dell’anima.
Un videoclip contenitore di trovate interessanti, con un solido budget alle spalle e una regia che sa perfettamente come vendere il disco e l’ex Take That. Musicalmente il brano contiene atmosfere eteree, regolari, suoni raffinati e un’ampia gamma di nuove sonorità che ben si sposano con le immagini.
Robbie Williams conferma qui notevoli capacità interpretative, come se ce ne fosse bisogno, e gusto crescente per l’orrendamente sofisticato. Davanti alla macchina da presa ci appare sempre a proprio agio, mai fuori tempo, mai impacciato. Il suo talento cinematografico gli consente di muoversi sul palco, come davanti all’obiettivo senza soluzione di continuità, fluido come un ruscello.

Videografia Johan Renck

• Trippin’ – Robbie Williams (2005)
• Krafty – New Order (2005)
• Max 500 – Kent (2005)
• Dry your eyes – the Streets (2004)
• Seems fine – the Concretes (2004)
• What became of the likely lads – the Libertines (2004)
• Me, myself and I – Beyonce (2003)
• Pass this on – the Knife (2003)
• Love at first sight – Kylie Minogue (2002)
• Song for the leftovers – A Camp (2001)
• Crystal – New Order (2001)
• Get to know ya – Maxwell (2001)
• Black coffee – All Saints (2000)
• Spiritualized – Finley Quaye (2000)
• Let’s not play the game – Maxwell (1999)
• Can’t change me – Chris Cornell (1999)
• She’s in fashion – Suede (1999)
• Nothing really matters – Madonna (1999)
• Television – Baxter (1999)

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