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Il cerchio non si chiude

Il cerchio non si chiude

Il ritorno sulle scene di Samara, l’implacabile bambina che terrorizzava e uccideva chiunque avesse visto un maledetto videotape, porta con sè le aspettative di tutti quelli che, come il sottoscritto, si attendevano un seguito alrettanto spaventoso che concludesse le vicende lasciate in sospeso in The ring (id., Gore Verbinski, 2002). E invece, inspiegabilmente, il principale nodo tematico del primo film viene qui liquidato in una scialba scena di apertura, che anzichè scatenare nuovi orrori e maledizioni dà il via a una specie di thriller sentimentale.

Il regista non è più Gore Verbinski, sostituito da Hideo Nakata, autore dell’originale Ringu (id., 1998), ma anzichè guadagnare in termini di forza espressiva, il film si sovraccarica di elementi soprannaturali poco suggestivi. L’attenzione viene portata a forza su alcuni aspetti emotivi dei personaggi, come a voler risolvere il mistero di Samara attraverso la sensibilità, soprattutto quella materna; inutile dire che il risultato è un susseguirsi di vicende piuttosto noiose, che fanno rimpiangere i bagni di sangue dell’horror mainstream degli anni ottanta.
La protagonista Naomi Watts riesce bene nel tratteggiare nuovi aspetti del personaggio di Rachel Keller, ma chi ha svolto un lavoro davvero stupefacente è il giovane David Dorfman, nei panni di Aidan, il giovane figlio sensitivo di Rachel. Dorfman, infatti, doveva rappresentare il graduale e alternato passaggio dal figlio affettuoso alla bambina indemoniata che si impossessa di lui, un ruolo forte ma assolutamente ben interpretato.

I momenti di paura sono però davvero pochi, e l’unica scena davvero meritevole è legata all’implacabile uscita dal pozzo di Samara, terribilmente ragnesca; peccato, però, che la stessa scena si concluda con la peggiore battuta di tutto il film, pronunciata a denti stretti dalla Watts.
Globalmente, perciò, il film non si dimostra all’altezza del primo episodio, e sottolinea la deriva del genere J-Horror, che pare aver già esaurito la spinta innovatrice che ne aveva caratterizzato le prime produzioni.

Curiosità
Preziosa, per quanto breve, la parte della folle Evelyn, interpretata dal premio Oscar Sissy Spacek, già protagonista di Carrie, lo sguardo di Satana (Carrie, Brian De Palma, 1976).

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