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Stagionevolmente, l’amore

Stagionevolmente, l’amore

Guida pratica all’amore di Matteo Mazza ******

Capitolo 1, estate. Dove si narra di chi non ha niente (Silvio Muccino) ma si schianta con gli occhi di una lei (Jasmine Trinca), che forse ha troppo. Poi un bacio. Il cuore si accende e sente la brezza, vede i prati verdi, dorme sotto un albero, si tuffa nel mare. Tutto vive.
«Dimmi, quando uno si sente completamente idiota, vuol dire che è innamorato?» (Jean-Luis Trintignant e Fanny Ardant, Finalmente domenica! – Vivement dimanche!, Francois Truffaut, 1983)

Capitolo 2, autunno. Dove si narra di chi vede e guarda (Margherita Buy) e di chi invece, vede ma non guarda (Sergio Rubini). Un paracadute, un corso di ballo. Gli opposti si attraggono? Le foglie cadono dagli alberi. Bisogna attendere (l’estate) per rinascere. Tutto è sospeso.«Quello che non riesco a capire è perché mi ostino ad amarti.»
(Diane Venora al marito poliziotto Al Pacino, Heat La sfida – Heat, Michael Mann, 1995)

Capitolo 3, inverno. Dove si narra di chi è sicuro (Luciana Littizzetto) e di chi se ne approfitta (Dino Abbrescia). La rabbia è il rigido freddo o la neve che cade fitta. Le giornate si allungano. Forse, col tempo, farà meno freddo.
-«Un matrimonio non finisce mai solo per un’infedeltà: quello è un sintomo che qualcos’altro non va». -«Ah Si? Bè, quel sintomo si scopa mia moglie.» (Bruno Kirby e Billy Cristal, Harry, ti presento Sally – When Harry Met Sally…, Rob Reiner, 1989)

Capitolo 4, primavera. Dove si narra di chi è solo (Carlo Verdone) e si schianta con le scelte dell’altra. Chi se ne va che male fa… Impotenza e confusione. Poi l’aria cambia, germoglia ogni cosa. Anche la speranza.
«In fondo non so se ce l’ho con te più per il male che ti ho fatto che per quello che tu hai fatto a me». (Gerard Depardieu all’ex amante Fanny Ardant, La signora della porta accanto – La femme d’à côté, Francois Truffaut, 1981).

Manuale d’amore è un audio-film-book, cioè qualcosa che prima si ascolta e poi si guarda. Raramente emoziona lo sguardo. In realtà l’occhio si emoziona perché incontra i volti degli attori più freschi, bravi e sobri del momento e Giovanni Veronesi ha già dimostrato (ad esempio con Che ne sarà di noi, 2003) di riuscire a pilotare bene la coralità. Le storie che scrive e racconta attraggono e conducono lo spettatore a confrontarsi e a schierarsi con ciò che vede o ascolta. Lo sguardo però esce dalla sala affamato e assetato di immagini e emozioni. Tutto viene raccontato, come nell’audio-book reale del film, che Livia (Anita Caprioli) recita, Tommaso (Silvio Muccino) vende, Goffredo (Carlo Verdone) acquista. Un manuale, cioè una guida pratica. Qualcosa di costruito e ideato per comprendere qualcosa di complicato. Come l’amore. Che ha le sue fasi che qui si chiamano capitoli. Che ha le sue forme, plastiche, e le sue stagioni, cicliche. Che deve essere tradotto come un messaggio criptato.
Veronesi guarda alla commedia all’italiana di Scola e Risi per confezionare un pacchetto divertente e audace e riesce a far sorridere. Spesso con l’amaro in bocca, e questo non è un male. Anzi. Ridere e pensare. Non manca qualche banalità ma la forza degli attori, rende tutto semplice e allegro. Veronesi inoltre è onesto nel rappresentare le incertezze e le debolezze dell’essere umano in certe situazioni. L’amore deve essere controllato e gestito, oppure è qualcosa che ti travolge e basta? Ognuno ha la propria risposta.

Il film, anche se costruito rispettando la struttura del manuale (con tanto di sguardo in macchina e voce fuori/in campo), prova a dare la sua risposta. In realtà, film e manuale entrano in conflitto. Nessuna vicenda si conclude come il manuale consiglierebbe. Forse i finali sono condensati, ma sembrano sinceri. Tipologie di scelte: il matrimonio, l’attesa, il ritorno, la speranza. Quattro scelte inaspettate.
La coppia esiste se c’è dialogo. Che significa comprendere l’altro, avere voglia di conoscere l’altro e guardare all’altro. Parlare e ascoltare. Comunicare. Eppure gli intrecci amorosi a cui assistiamo, sono costruiti sui dialoghi. Ma le coppie non si incontrano nel dialogo. E questo è forse il male più grande dell’amore nella società moderna. La mancanza di dialogo. Il telefonino è un sms o un numero sbagliato, la segreteria è l’occasione per dire le cose senza guardarsi negli occhi. Una comunicazione che toglie lo sguardo di mezzo forse non esiste. O forse, se esistesse sarebbe vera? Complicità e affinità devono mostrarsi, non possono essere fantasmi, concetti ideali, altrimenti la coppia affonda, soffoca, scoppia.
Manuale d’amore senza grosse pretese narra l’amore. Tutto questo e altro: felicità e tristezza, solitudine e desiderio. Un angolo buio indecifrabile, oppure il cielo azzurro. E’ forse il cuore che pretende? Oppure il nostro occhio?

L’amore davvero? di Caterina Lunghi ****

Sala di registrazione: Anita Caprioli recita alcune frasi da l’audio-book Manuale d’amore, che si compone di quattro capitoli, quante secondo Veronesi sono le tappe obbligate dell’amore: innamoramento, crisi, tradimento e abbandono.
Manuale che il fratello Silvio Cuccino, appena sposato con Jasmine Trinca, venderà in libreria a un Carlo Verdone appena lasciato dalla moglie e in cerca di consigli su come uscirne.
Un inizio che ricorda molto da vicino quello di un altro film sull’amore, Love actually – L’amore davvero (Love Actually, Richard Curtis, 2003), dove un vecchio cantante incide la cover del grande successo dei Wet Wet Wet, Love is all around.
Entrambi sono film corali che raccontano l’amore ai nostri giorni: Love actually lo fa intrecciando in una Londra natalizia una straordinaria pluralità di storie e di personaggi, Manuale d’amore mettendo in scena sotto il caldo di Roma quattro storie ognuna con il compito di descrivere una stagione dell’amore.
Alle quattro fasi corrispondono quattro episodi distinti narrati da protagonisti e coppie sempre diversi, che però si passano il testimone di srotolare il racconto e il percorso dell’amore.
Quattro episodi che formano la stessa storia, quattro coppie (meglio tre coppie e il single Verdone) che in realtà rappresentano una sola unità.

Già dal titolo Manuale d’amore punta all’immediatezza e alla ricerca del consenso.
Escluso qualche momento di brio il ritmo è fiacco. Sfoggia un cast che riunisce ottimi attori della vecchia guardia con le nuove leve del nostro cinema ma punta più su di loro che su una solida sceneggiatura.
Ricongiunge per finta gli ex per davvero Margerita Buy e Sergio Rubini per affidargli il capitolo della crisi matrimoniale, mostra Luciana Littizzetto e Dino Abbrescia di nuovo marito e moglie dopo Se devo essere sincera (Davide Ferrario, 2004) e propone un Verdone abbandonato, solo, goffo e malinconico. I dialoghi abbondano di banalità e di frasi scontate.

Fresco e simpatico anche se un po’ irreale è il primo episodio: ma più per le prove di Muccino e Trinca che per il contenuto. Fastidiosissimo è poi Francesco Mandelli (il Nongiovane di Mtv), coinquilino di Muccino, che guarda dritto in camera rivolto allo spettatore e commenta il comportamento dell’amico infatuato prendendolo in giro.
Imbarazzante e davvero triste il capitolo dell’adulterio con una Littizzetto vigilessa isterica, che per perdonare le corna del marito a sua volta le fa. E poi tutto si sistema.
Il film si chiude a cerchio con Verdone che si reca nella libreria dove lavora Muccino felice e contento, sposato con Jasmine e papà, a comprare Manuale d’amore. Sceglie quello sull’abbandono, ascolta e segue i suoi consigli in preda allo sconforto, per poi incontrare Anita Caprioli e ricominciare ad amare.

L’amore è da sempre l’ispirazione di poesie, canzoni, letteratura, pittura e cinema e raccontarlo è garanzia di interesse. E così è per Manuale d’amore, che sta avendo un successo di pubblico sorprendente. E’ vero, come hanno affermato il regista Veronesi e Carlo Verdone, la gente vuole vedere l’amore, da sempre, perché è il motore del mondo.
Che l’amore attualmente sia innamoramento – crisi – tradimento e abbandono? Non sempre, non per forza.

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