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Azione d’autore

Azione d’autore

Nelle settimane precedenti all’uscita di questo film, il titolo, i manifesti e il trailer non facevano ben sperare il patito di action movie sullo spettacolo a cui avrebbe potuto assistere.
L’ambientazione notturna, la forte tensione scenica creata dalla fotografia e dalla musica sembravano dire già molto se non tutto su questa pellicola, a un primo sguardo clone di tante altre americanate proposte negli ultimi dieci anni. Va detto invece che Hostage, prima opera hollywoodiana del giovane e promettente regista francese Florent Emilio Siri, è una originale variante alla solita pellicola action/tension alla quale si è abituati. Già con il suo precedente Nido di vespe Siri aveva mostrato uno stile registico particolare e anticonvenzionale e con un ritmo serrato di ripresa e di montaggio aveva creato una commistione di genere dove all’action si aggiungevano prospettive noir e drammatiche.

In questo film sono proprio queste ultime a trasformare un semplice blockbuster in un interessante prodotto di genere. Restando comunque all’interno della struttura action, rispettando tutte le regole del filone (dal dramma iniziale attraverso il quale si costruisce la figura del protagonista all’imprevisto che genera la situazione di pericolo), il film mostra anche aspetti meno canonici, anzi il legame familiare si può indicare come quello maggiormente enfatizzato in tutta la pellicola.
Come ha detto Bruce Willis, protagonista e anche produttore del film (quindi partecipe a tutti gli effetti al progetto), l’amore per la famiglia è una delle tematiche più importanti dell’opera ed è proprio per la riflessione su questo argomento che ha deciso di partecipare alla lavorazione. La vendetta e la riconquista dalla propria forza virile sono sostituite da un genuino amore paterno che spingerà il protagonista ad utilizzare molto più l’astuzia che la forza per riconquistare la sua famiglia.
Va però evidenziato che l’originalità della trama non viene direttamente dalla penna e dalla testa dello sceneggiatore ma ancora una volta è tratta da un libro. La carenza di innovazione narrativa, in particolare per film di questo genere, è un problema sempre più grave per il cinema hollywoodiano e lo sfruttamento di opere letterarie, unite magari all’occhio di un regista europeo, sta diventando un rituale sempre più frequente.

L’ostaggio, questo il titolo del libro di Robert Crais dal quale è tratto il film, ha una costruzione molto complessa che nella trasposizione è stata limitata per far rimanere la pellicola al di sotto delle canoniche due ore. Nel passaggio da libro a script molto della storia è stato perso e i difetti maggiori dell’opera si trovano proprio nei buchi finali che lasciano irrisolte alcune questioni della vicenda. A parte questo aspetto negativo però Hostage resta un film molto interessante, che supera le aspettative e continua un’importante riflessione sulle strutture narrative canonizzate dagli standard hollywoodiani.

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