hideout

cultura dell'immagine e della parola

Un allucinante viaggio tra le realtà dell’esistenza

Un allucinante viaggio tra le realtà dell’esistenza


Howard Phillips Lovecraft è stato uno dei più grandi scrittori dell’orrore del secolo scorso, anche e soprattutto perché si è rivelato una fonte quasi inesauribile per gli incubi di tutta una serie di artisti che si sono ispirati alle tematiche deliranti dei Grandi Antichi per le loro produzioni.
Tra questi epigoni, un ruolo importante spetta ad Alan Moore: il pluripremiato sceneggiatore, infatti, non perde occasione per rendere tributo, nelle sue opere, al Solitario di Providence. Un esempio lampante è il racconto da lui scritto nel 1997 intitolato The Courtyard, vero e proprio omaggio alla letteratura lovecraftiana.

Johnston ha deciso di trasporre quello scritto nel linguaggio fumettistico, ispirato dalla carica visionaria dei testi di Moore. Il risultato è un volume molto curato, grazie anche all’ottimo lavoro del disegnatore Burrows, capace di mantenere la medesima forza evocativa del prodotto originario. L’opera letteraria presentava una narrazione pressoché priva di dialoghi, fondata quasi esclusivamente sul monologo interiore del protagonista da un lato e su descrizioni particolareggiate delle ambientazioni dall’altro. Altra caratteristica era l’importanza attribuita alla lingua, usata per sorprendere e stupire, creando effetti altamente disorientanti. Tutti questi elementi sono stati individuati, studiati e, infine, sapientemente tramutati in qualcosa di analogo all’interno del linguaggio fumettistico.

Il primo aspetto che si coglie di questo lavoro riguarda le tavole di Burrows: un elevato numero di dettagli infarcisce le pagine del disegnatore, con vignette ricche di particolari, capaci di restituire un notevole effetto di realismo al contesto diegetico della vicenda.
Il secondo elemento-guida è costituito dalla presenza costante delle didascalie: in questo modo Johnston ricrea quel filo diretto tra la psiche del protagonista e quella del lettore che tanto aveva impressionato nel racconto di Moore; i dialoghi sono quasi del tutto assenti, per lasciare spazio ad un flusso di coscienza che diverrà il vero fulcro del percorso artistico.

A un certo punto, infatti, il legame con la realtà inizia a incrinarsi: sia l’elemento grafico che quello verbale prendono le distanze dalla riproduzione mimetica del reale stesso, guidando per mano il lettore lungo percorsi diversi, nuovi, situati tra i diversi livelli d’esistenza. Un flusso surreale di parole, che allude a concetti puri, viene magistralmente affiancato da immagini sovraccariche di simbolismo visivo, bombardando il lettore con informazioni iconiche e verbali a dir poco sconcertanti e dissennate.

Un lavoro organizzato in modo splendido, sapientemente articolato tanto sotto l’aspetto visivo, quanto sotto quello linguistico. Un fumetto che potrebbe tranquillamente essere eretto a simbolo del potere evocativo insito in questo mezzo di comunicazione artistica. Da non perdere anche per via delle note e della sceneggiatura che arricchiscono il volume e che permettono di comprendere a fondo i meccanismi costitutivi che stanno alla base di produzioni così significative.

Non c'è ancora nessun commento.

Lascia un commento!

«

»