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cultura dell'immagine e della parola

Collateral come film di (sul) genere

Il fascino dell’ultimo film di Michael Mann, Collateral, non si esaurisce nella meravigliosa forma cinematografica con cui affronta una trama solo apparentemente già vista e sentita.
Non è solo la maestria con cui si descrive la vicenda, la sfida, tra i due personaggi interpretati da Jamie Foxx e Tom Cruise seguendoli attraverso una notte metropolitana, raramente al cinema così mortiferamente affascinante e ben fotografata.
Il film di Mann va oltre: non solo un film di genere (noir, thriller) ma una riflessione cinematografica su un genere. Il noir appunto.
Del resto oggi un autore e non un semplice regista come Mann non può non pensare il cinema anche come riflessione su sé stesso (in particolare se parliamo di generi). E il cinema di cui stiamo parlando, quello di Mann, è da sempre un tipo di un cinema che si confronta con generi ben codificati, riflettendo, ma non con l’irriverenza del pastiche postmoderno, al contrario, con il rigore nel rispetto delle norme.
Rispetto a molti altri registi che, misurandosi con generi diversi arrivano a trasformarli, trasgredendone ogni regola, Mann si accosta a più generi rispettandone, però, regole e caratteristiche. Lavorando e riflettendo in profondità. Ma con una domanda fissa: come si possa oggi fare film di genere.
La differenza è che Mann crede ancora nel genere, nel cinema… Altri (così entusiasticamente postmoderni) sembrano crederci meno. E il risultato si vede.

Il noir si diceva. Ovvero sia uno dei generi più citati, omaggiati e saccheggiati in questi tempi postmoderni. E Mann che fa? Con il rispetto e la fede di cui sopra, si accosta al genere come uno studente (ma uno di quelli brillanti, creativi e talentuosi, che studiano solo per amore della materia) si accosta a una formula matematica, la scompone nelle sue parti essenziali ed elimina il superfluo per giungere all’essenziale, al cuore del problema. In questo modo riduce il genere ai suoi elementi cardine, facendone una scomposizione in numeri primi.
Primo elemento: i personaggi. Ridotti all’essenza e, quindi, un protagonista e un antagonista, che si incontrano, per poi dar vita alla situazione centrale di ogni thriller, ovvero una sfida, un duello (non solo tra due uomini, ma anche tra codici morali, visioni del mondo, etc.). S’incontrano, in sostanza, per poi scontrarsi.
Secondo elemento: la trama, l’azione. Innanzitutto Mann mette in gioco la situazione tipica di quasi tutti film di Hitchcock: un uomo del tutto ordinario si trova, suo malgrado e a causa di un personaggio di un altro mondo, quello appartenente al mondo della criminalità, quindi con una vita antitetica e con un codice morale e una visione del mondo del tutto diversi. Di colpo, in una situazione stra-ordinaria, estrema e assolutamente inedita per il personaggio principale (ed è proprio in questo momento che l’identificazione con lo spettatoresi attiva profondamente e rapidamente).
Mann, però, mette anche in gioco il principio stesso di narrazione: uno stato di quiete è sconvolto da uno o più elementi per poi ritornare alla situazione iniziale.
Terzo elemento: l’ambiente, il luogo dell’azione. Anche qui si procede per elementi cardine ed essenziali: una città, una notte. Ma possiamo dire La Città (del noir), Los Angeles, e tagliando ogni possibile punto morto, una sola notte.
Come dire, rispetto totale delle unità aristoteliche e quindi siamo alla base della tradizione occidentale: tempo (una sola notte, più di così….), azione e luogo (appunto una città).
Mann quindi riduce nei suoi elementi principali un genere, togliendo ed eliminando tutto ciò che è superfluo, così da arrivare non solo all’origine del noir, ma, in un certo senso, al concetto stesso di spettacolo occidentale. Non male.

L’unità di luogo è però ancora più radicale: non solo l’intera azione si svolge in una sola città, ma, per buona parte del film, in un luogo molto più ristretto. E ancora una volta si tratta di un elemento cardine, un topos del thriller e del cinema metropolitano in genere. Elemento che è anche l’oggetto di questo speciale: il taxi, che rappresenta per il cinema metropolitano (non solo noir) un elemento ricorrente e significativo quasi quanto il saloon o la diligenza nel cinema western.

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