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cultura dell'immagine e della parola

Videogiochi e fumetti

Videogiochi e fumetti, realtà spesso sottovalutate e soggette a critiche, così apparentemente agli antipodi fra di loro, si riscoprono invece, soprattutto in quest’ultimo decennio, inaspettatamente vicine, se non indissolubilmente intrecciate.
Questo fenomeno d’interazione tra i due media ha spalancato le porte a un vortice innovativo, sfociando in un anomalo sincretismo che ha fatto interscambiare e confondere gli aspetti migliori delle due parti, e ha permesso loro di crescere e nutrirsi a vicenda grazie soprattutto ai supporti diversi posti in un rapporto di vera e propria sinergia.
Ecco una breve panoramica su tre delle principali tipologie d’interazione tra i due linguaggi.

Il primo è quello secondo cui esistono fumetti ispirati ai videogiochi: qui troviamo esempi del calibro di colossi come Tomb Raider (Image) o Resident Evil (Wildstorm) che altro non possono fare se non attenersi fedelmente ai canoni imposti dagli ormai intoccabili e collaudatissimi gemelli videoludici, arricchendoli, però, con quei valori riflessivi che permettono di presentarci dei personaggi a tuttotondo e non solo delle “semplici” immagini su un monitor.
Lo stesso discorso vale anche per i videogames orientali, dove troviamo fumetti come The king of fighters o le varie serie di Street fighter (Jade) dove, in stile manga, ma a colori, possiamo immergerci nei plot narrativi degli innumerevoli protagonisti che prima interpretavamo solo per emettere onde energetiche e duri colpi all’ultimo sangue.

Il secondo è ovviamente l’opposto (videogiochi ispirati a fumetti): chi non ha mai desiderato immedesimarsi nei propri eroi, dei quali legge periodicamente le avventure, prendendo controllo dei loro corpi e determinando le loro gesta? Ora è finalmente possibile: dagli americani Spiderman o Wolverine’s revenge (Activision) ai nipponici One Piece:grand battle, Dragon Ball:budokai (Bandai), The sword of Berserk (Eidos) o Jojo’s bizarre adventure (Capcom), passando per il nostrano Dylan Dog Horror luna park (Rizzoli New Media); titoli, per lo più adventure e picchiaduro, caratterizzati da un gameplay magari non sempre eccelso, ma che in ogni caso possono appagare i desideri nascosti degli aficionados più accaniti: l’immedesimazione.

E siamo giunti alla terza tipologia, quella sicuramente più affascinante, rivoluzionaria, che offre un maggior spettro di scambio.
Ci sono giochi e fumetti i cui linguaggi bidimensionale-cartaceo e virtuale-computerizzato coesistono in uno solo dando origine a un enigmatico nastro di Mobius è dove èfacile confondere i punti di vista e i piani dimensionali. Ci si ritrova invischiati in domande del tipo: «sto giocando a un fumetto?» oppure “sto leggendo un videogioco?».
Ad esempio giochi come Zelda: The wind waker (Nintendo), Fear Effect (Eidos) o Viewtiful Joe (Capcom), che utilizzano la tecnica grafica del cell shading, danno all’immagine un carattere “fumettoso”; o come Max Payne (Remedy) e XIII (Ubi Soft) in cui tra un’azione e l’altra le immagini sono farcite con didascalie e onomatopee tipiche del mondo vignettistico; o l’ormai imminente Paper Mario (Nintendo) dove il nostro buon vecchio idraulico baffuto, se visto di profilo, è addirittura un vero e proprio foglio di carta a due dimensioni; oppure manga come Gantz e Zero one (Planet Manga) i cui protagonisti sono immersi, in modo sinestetico, in una “autentica” realtà virtuale, grazie all’uso della computer grafica per la realizzazione delle tavole.

Insomma, gli esempi di scambio linguistico sono numerosi e in continua evoluzione, difficile elencare tutte le possibili varianti.
Indubbiamente, per gli appassionati di questi mondi, l’amalgama che ne nasce, rappresenta un universo di paesaggi idilliaci dove indugiare senza fine. Non sorprenderebbe più se qualcuno, mentre cammina per la città, iniziasse a scorgere balloon volanti o a pensare di poter controllare altre persone con un joypad.

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