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Lasciami dormire ancora…

Lasciami dormire ancora...

Ogni favola che si rispetti esige il suo lieto fine. Perché mentre seguiamo le tristi vicende del personaggio di turno, sia esso uomo donna animale mostro o robot, mentre soffriamo e sprofondiamo assieme a lui, sappiamo comunque che uno spiraglio di luce non ce lo negherà nessuno.
O quasi. (Magari poi, di fronte a un finale negativo, esultiamo per la novità.)
Fino all’ultimo minuto della narrazione attendiamo un sorriso, un filo di brezza, a ricompensa di tanto penare.

La locanda della felicità di Zhang Yimou è sostanzialmente la favola di una moderna Cenerentola, che vive e soffre nella Cina dei nostri giorni. Il forte sviluppo economico e industriale in atto nel paese non deve certo sembrare tale alla maggioranza dei suoi abitanti: il cosiddetto boom deve aver fatto tremare il tavolo di pochi privilegiati. La nostra Cenerentola è povera, circondata da poveri. Una Cenerentola cieca: non dalla nascita, bensì a causa di un tumore al cervello.
Yimou è sempre stato considerato un regista “scomodo” dal regime cinese; ora sembra essersi un po’ addolcito, ma il paese che ci mostra è comunque formato, per la maggior parte, da persone costrette ad inventarsi ogni giorno la maniera di tirare avanti. Chi per egoismo, chi per necessità, ognuno pensa solo a sé stesso. C’è chi è irrimediabilmente malvagio: la matrigna e il fratellastro della ragazza, odiosi e cattivi fin dentro le ossa.
Poi, però, c’è anche chi sotto la crosta del proprio “particolare” ha anche un cuore. Forse lo nascondeva per paura che gli altri lo vedessero; forse aveva dimenticato come si usa; in ogni caso il suddetto muscolo riprende a pulsare: piano all’inizio, per precauzione (E’ stato fermo così tanto, non vorrei mi si rompesse); e aumenta continuamente, e alla fine va così forte che anche volendo non lo si saprebbe fermare.
Colui che si riscopre il cuore è un uomo di mezza età: è il principe? chiederete: no; non sappiamo se il destino ne riserva uno alla nostra eroina. Tuttavia quest’uomo è per lei una sorta di fata coi pantaloni: trasforma un edificio in rovina in un finto centro massaggi, trasforma alcuni amici in clienti, trasforma Cenerentola in una principessa con un lavoro tutto per lei, con uno stipendio che le permetterà di operarsi e recuperare la vista. La famosa zucca non diventa né un mezzo né un luogo: ma tempo. Diviene un momento di felicità. L’uomo sa bene che la farsa non potrà durare, la ragazza stessa si accorge della finzione e sta al gioco; e tuttavia la magia, l’incantesimo dell’uomo ha funzionato: il loro amore reciproco si ostina a far durare il tragico, commovente sogno; come avviene quando si va a dormire nella speranza di ritrovare le ombre della notte precedente.

Tutto questo finirà, ma concediamoci ancora un giorno…
Lasciami dormire ancora cinque minuti…

Ad una prima impressione questo film non parrebbe suggerire niente di nuovo; ma ha in sé una tragicità da mozzare il respiro; perché non c’è niente di più penoso, sconvolgente, umano, che non trovare la forza di rinunciare alla felicità.
Ma un momento c’è stato, di luce.
Comunque vada a finire, e non lo sapremo mai, ai nostri cuori è bastato quel sorriso che avevamo cercato dal primo istante.

Nota: Presentato al Festival di Berlino 2002. Tra i produttori del film compare Terrence Malick.

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