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Casa dolce casa

Casa dolce casa

Ventotto anni, una laurea in filosofia e una seconda in arrivo in lingue orientali, figlio modello, con un lavoro da sette milioni al mese (3615 euro); un fascino tutto suo verso il gentil sesso, Tanguy non ha nessuna intenzione di lasciare i propri genitori e la sua amata casa.
La narrazione si basa sui tentativi dei genitori di incoraggiare il figlio a costruirsi una sua vita lontano dalla loro. Fornendo all’inizio messaggi subliminali di ogni tipo, arriveranno a metodi ben più drastici, come lasciar marcire dei pesci nella sua stanza, allentare le viti in posti strategici… tremende gaffes con le ragazze del figlio. Ma Tanguy è al di sopra della collera, accetta rassegnato i tentativi dei suoi, non replica in modo alcuno mostrando una calma degna di un monaco tibetano, e non accenna al minimo sconforto.
Non si può non schierarsi dall’una o dall’altra parte, come le frange opposte di tifoserie in un derby di San Siro, dove entrambe le squadre giocano in casa…
E’ difficile di questi tempi trovare una commedia brillante ed originale, ma Tanguy lo è e affronta un tema che affligge gran parte delle famiglie moderne.
Durante il film si ride e si ride di gusto, merce rara nel cinema moderno ed è un genere difficile quello della commedia che spesso trascende nella comicità scontata e banale. Non è il caso di Tanguy, brillante e dall’ironia pungente.
Se si osservano i volti degli spettatori al termine della proiezione, si notano i più giovani, divertiti e compiaciuti, in contrasto con quelli dei genitori, pensierosi, magari alla ricerca di qualche spunto per ottenere la loro più ambita conquista: la LIBERTA’.

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