hideout

cultura dell'immagine e della parola

The Greeks degli Is Tropical

Titolo: The Greeks
Album: Native to
Anno: 2011
Artista: Is Tropical
Regia: Megaforce

Per una volta la curiosità non nasce e muore nella rete, ma passa attraverso un’esperienza reale: il live degli Is Tropical al Covo di Bologna a gennaio 2012 non è stato particolarmente sconvolgente, ma abbastanza caldo e urbano. I tre ragazzacci che portano sciarpe, capelli finti e passamontagna in faccia sanno far saltare ed elettrificare l’aria, ma ricadono fatalmente nel circolo vizioso della monotonia.

A ogni modo, porta altro l’esperienza del live: un gusto di godere della loro aria da gang e di strusciarsi contro un ruvido odore d’Inghilterra, una cosa a metà tra il glam appena sporcato di Skins e la drammatica violenza di This is England, il tutto bagnato di birra in lattina e chimicissimo vino rosso.

The Greeks si porta dietro un po’ di questo “già visto”: un action video facile facile alla Die Hard con il fascino materico di Akira, per una canzone che racconta qualcosa che ha a che fare con la nostalgia, con la giovinezza, con un senso di perdita inevitabile e cosmico.

L’animazione è in grado di rendere “vera” un’immaginazione, quella dei “giochi di guerra” fatti con innocenza – presunta –, e tirarne fuori tutto lo splatter più irresistibile.
Se i bambini nei loro giochi imitano la realtà, il collettivo francese Megaforce con The Greeks non fa altro che mostrarcelo, questo tentativo di imitazione: ecco cosa ottieni se cerchi di incanalare l’orrore attraverso la mente ludica di una creatura ancora “pura”. Qualcosa di ancora più mostruoso, perché risulta “godibile” agli occhi?

Realtà e fantasia (animazione) fuse insieme non fanno altro che esplodere, però, la bellezza e la perfezione stilistica fanno deflagrare l’oggetto narrato. Ovvero, l’istinto quasi pornografico dell’uomo verso la visione della morte.
L’attrazione fisica, materiale, nei confronti dell’atto violento emerge dal video con un magnetismo magico: non ci si stanca a vedere il sangue che schizza dalle teste spaccate dei bambini. Qui sta il fascino. I registi ci mettono un po’ di computer graphic assortita, gli attori la loro interpretazione.

Tutto il resto, quello che crediamo di vedere, non esiste. Se non nella mente malata di chi sta a guardare.

E così il video parte piano per finire forte, come nel sesso: da una guerra civile e di quartiere a un tiro al bersaglio sempre più insensato e convulso.
Alla fine, uno dei ragazzini ammazza il nemico solo con due dita: le pistole giocattolo sono diventate superflue, basta l’immaginazione a uccidere.

Non c'è ancora nessun commento.

Lascia un commento!

«

»