hideout

cultura dell'immagine e della parola

Meno venti: un’italiana a Berlino – Parte 1

«Quando ancora c’era il festival di Berlino Ovest, in Italia non era ancora arrivato il kebap e decisi di assaggiarlo. Solo che già al secondo morso era diventato un ghiacciolo. Un ghiacciolo di kebap». Sorride così al mio freddissimo bretzel acquistato per strada, Steve Della Casa, presidente della Film Commission Piemonte e veterano della Berlinale. E mentre degusto il mio anelato, freddissimo e tedeschissimo snack del dopo proiezione, mi rendo conto che il gelo polare che mi fa lacrimare ghiaccio, non sia in fondo così straordinario a Berlino in questa stagione. Quella che potrebbe sembrare una magra consolazione diventa invece motivo di un grande sospiro di sollievo: allora sono davvero all’estero in un festival internazionale!

Se non fosse per i -20 al sole, i bagarini di bretzel per strada e i sottotitoli in tedesco nei film americani, sembrerebbe di stare al Festival di Roma. Italiani in coda a ritirare l’accredito, italiani che chiacchierano prima delle proiezioni, italiani che commentano l’ultimo film di Brizzi, italiani in fila da Starbucks, italiani che si lamentano della wifi, italiani che non sanno cosa sia la wifi… Dovunque ci si giri ci sono solo italiani. Niente di male, ma sembra strano che, vista la concentrazione di stampa e addetti italiani nostrani, la copertura del festival sia così poca nei nostri quotidiani. Che ci fanno così tanti connazionali in Germania? «Non vi siete accorti che in Italia non c’è più nessuno?» esclama sarcasticamente l’addetta, che sembra tedesca ma è italiana, alla distribuzione (gratuita!) del catalogo.

Ogni anno, sono alla mia personale quarta esperienza in questi “lidi”, la cosa continua a stupirmi. Mi chiedo: ma dove sono i giornalisti tedeschi e francesi (quest’anno la rappresentanza al festival è molto alta), giapponesi, inglesi, eccetera? Forse lavorano in maniera diversa. O in qualche modo perverso gli italiani condividono inconsciamente la volontà di sedersi vicini, camminare accostati, mangiare all’unisono. O forse si tratta proprio di una nuova ondata migratoria? Su questi pensieri indotti da un freddissimo e tedeschissimo bretzel mi reco alla proiezione del primo film con la regia di Angelina Jolie (per scoprire che è in bosniaco con sottotitoli in tedesco). E mi rendo conto di non aver ancora parlato di cinema. Ma purtroppo, nonostante sia la 62a Berlinale, il terzo festival più importante al mondo, non c’è granché da dire. Meno male che domani passa in concorso il film italiano…

Non c'è ancora nessun commento.

Lascia un commento!

«

»