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Pillole da Torino – Giorno 4

Una scena di <i>La Guerre est Declaree</i>La Guerre est Declaree, di Valerie Donzelli
Il fatto più sorprendente di questa pellicola è che si tratti di una storia vera. Ma non una storia di cronaca qualsiasi (una giovane coppia francese dà alla luce un bimbo che si scoprirà avere un tumore al cervello), bensì capitata proprio agli stessi protagonisti e creatori del film. Valerie Donzelli è la sceneggiatrice, regista e interprete protagonista del film. Ma soprattutto è stata mamma nella vita vera di un bimbo con lo stesso problema di Adam (così è chiamato il neonato nel film). Jeremie Elkaim è sceneggiatore e interprete del film, ma soprattutto è stato compagno di Valerie e padre del medesimo bimbo. Viene da domandarsi come abbiano fatto insieme a costruire una pellicola così potente, un inno alla vita poco comune, con alcune sequenze memorabili. Il tutto senza cadere nelle numerose trappole che l’autobiografismo spesso tende ai registi. Ci sono anche i difetti all’interno dell’opera, però alla fine si esce con l’animo turbato e la mente intenta in mille riflessioni. E penso che sia stato proprio questo lo scopo dei due. Già presentato lo scorso Maggio al festival di Cannes, rappresenterà la Francia nella corsa agli Oscar.
Voto: 7,5/10

Joann Sfar (Dessins), di Mathieu Amalric
è un documentario curioso quello di Amalric, ma riuscito solo a metà. L’oggetto (o meglio, il soggetto) al centro delle riprese è il fumettista francese Joann Sfar. Lo seguiamo nei suoi bizzarri itinerari allo zoo o al mercato del pesce, lo ascoltiamo mentre discute con alcuni suoi colleghi/amici riguardo questioni di qualsiasi genere, lo vediamo al lavoro… Ma allora dove stona questo mediometraggio (infatti il film dura circa 43 minuti)? Stona nelle sequenze in cui il regista cerca di dare un taglio artistico al lavoro. La naturalezza dei movimenti e delle battute catturate senza mediazione dal Amalric viene frammentata troppo spesso per inserire momenti calcolati a tavolino. La fiction purtroppo si nota e spezza il ritmo. Per poi arrivare a un finale davvero troppo finto e quasi inutile.
Voto: 5/10

Think about Wood, Think about Metal, di Manon de Boer
Altro documentario dalla durata ridotta (48 minuti). Mai come in questo caso però la prima cosa che vien da pensare dopo aver recepito tale dato è “meno male”. Già, perché questo film annoia moltissimo. La colpa principalmente ricade sulla scelta di affrontare una materia non proprio per tutti i palati e già pesante di suo, con uno stile piatto e per nulla stimolante. Si racconta di una percussionista americana, Robyn Schulkowsky, alle prese con le sue insolite e sperimentali teorie musicali. Da quanto ci viene mostrato, la musicista è sempre alla ricerca di novità con i suoi strumenti artigianali (lamine di metallo, legni, ciotole..) per arrivare a un essenza musicale chiara solo a lei. La regista del film adotta uno stile monotono, fatto di riprese molto lunghe, con un missaggio sonoro non ben definito, usa una voce over per tutta la durata e non riesce mai a catturare la nostra attenzione.
Voto: 4/10

Terri, di Azazel Jacobs
Affermato regista americano ma poco noto da noi, Jacobs presenta il suo quarto lavoro. Romanzo di formazione di un adolescente ciccione e timidissimo che pian piano proverà a uscire dal suo guscio. Il film è dipinto a tinte indipendenti, ma può vantare un buono scheletro narrativo, mai troppo frettoloso nel mettere in scena le vicende e i mutamenti dei personaggi. Diverse sottotrame ben curate formano una cornice solida nella quale la vicenda di Terri (il protagonista) è dipinta con grazia e gentilezza. Forse un po’ troppo buonista, anche se il finale non risolve il problema di partenza ma lo migliora semplicemente. Jacobs è in gamba, però andiamoci piano a scomodare Solondz. Nota di merito al protagonista Jacob Wysocki e alla spalla John C. Reilly.
Voto: 7/10

Il sorriso del capo, di Marco Bechis
Nel bene o nel male non si può negare che la figura di Benito Mussolini sia una delle più affascinanti della Storia del nostro Paese. Bechis sceglie di raccontarlo in un modo insolito, accostando il Duce alla nuova forma di propaganda che stava prendendo sempre più campo nel ventennio, il cinema. E allora il regista ci conduce in un viaggio tra i materiali reperiti proprio nell’archivio dell’Istituto Luce, fondato proprio da Mussolini. In poco più di un’ora possiamo vedere film realizzati con scopi puramente propagandistici, possiamo vedere com’era concepita l’istruzione fascista nelle scuole elementari, i discorsi in piazza del Duce, i lavori nelle fabbriche, l’enorme macchina produttiva che sta dietro il sipario della guerra e molto altro. Un lavoro molto interessante. La voce narrante è quella del padre di Bechis.
Voto: 7/10

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