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cultura dell'immagine e della parola

Sotto quel cielo
Berlino 2011, giorno 2

Kevin Spacey a BerlinoSecondo giorno qui a Berlino, ma il primo per quanto riguarda il concorso ufficiale, che scatta oggi e che assegnerà il 20 febbraio i premi più importanti. La giornata inizia con Margin Call, pellicola diretta dal giovane documentarista e videomaker americano J.C. Chandor, qui all’opera prima, con un cast davvero variegato e di prim’ordine, da Kevin Spacey a Jeremy Irons, da Paul Bettany a Stanley Tucci, da Zachary Quinto (qui nelle vesti anche di produttore) a Demi Moore. La storia ripercorre i binari dell’ultima crisi economica, in particolare quella del 2008 che scosse il mondo di Wall Street. Torna quindi il cinico mondo degli affari, tra squali e analisti, tra moralità e immoralità, dove a salvarsi non sempre sono quelli che riescono a prendere la decisione più giusta. Spacey interpreta uno di quei protagonisti finanziari, forse meno ruvido e “avido” del Gordon Gekko prima maniera, ma sicuramente pilastro per i propri analisti. Fare gioco di squadra, questa è la filosofia, anche quando la crisi lascia a casa alcuni tasselli del puzzle. E quando uno dei perni viene gentilmente liquidato (Stanley Tucci), un segreto non può essere più tenuto nascosto. Un giovane analista (Quinto) scopre infatti una verità difficile da gestire, ma che il sistema deve affrontare (in 24 ore) in quello che potrebbe rivelarsi come qualcosa di catastrofico per l’intera azienda, il proprio (probabile) collasso sul mercato.

“Ho osservato il sistema economico guardandolo non dall’interno ma dall’esterno – dice il regista – e ho notato come negli Stati Uniti in questo momento si prediliga molto di più mettere al primo posto il denaro piuttosto che altro. Quello che è accaduto è noto, banche senza limiti, “ingorde” a tal punto da ridurre sul lastrico centinaia di persone, e una crisi economica che ha portato ad una situazione catastrofica. Il mio obiettivo era quello di costruire una pellicola in cui emergessero dei personaggi senza scrupoli, ma che avessero una loro moralità, anche se però poi sono costretti a muoversi in un certo modo perché fanno parte di un sistema che ha regole ben precise.” “La premessa è che il sistema bancario è totalmente immorale – dice Jeremy Irons. Viviamo una situazione in cui alle persone vengono stravolte le vite, sottratta la propria casa, i propri beni, i propri sogni, invece che assistere ad una quotidianità in cui ogni individuo ha un lavoro e una casa. Abbiamo bisogno di una moralità maggiore che sappia regolare i governi riguardo le scelte economiche. Valeva la pena far parte di questo progetto proprio per l’argomento che trattava, poi grazie all’entusiasmo di J.C. e a quello di tutto il cast, il lavoro è stato più semplice del previsto. Il cinema stesso avrebbe bisogno di una sua moralità, non può essere sempre considerato solo come un’industria volta ad arricchirsi di denaro.” “Personalmente ho accettato di far parte dei questo progetto – conclude Kevin Spacey – perché sono vicino a un certo tipo di cinema che ha delle storie che devono essere raccontate.“ Truffare i propri acquirenti o uscirne puliti con l’anima intatta? La pellicola non dà risposte scontate, ma forse ne suggerisce qualcuna. Grazie poi anche a dei buoni dialoghi scritti in sceneggiatura, messi al servizio di un cast davvero ricco di sfumature, il risultato che si ottiene appare davvero interessante, niente male per un regista alle prime armi. Margin Call (letteralmente prezzo di mercato) scruta un ambiente, lo analizza, sa riflettere sull’umanità dei singoli che devono confrontarsi tutti giorni con decisioni, a volte vitali, ma anche con un sistema capace di toglierti tutto.

Dopo i colossi finanziari di Margin Call, ecco il primo, piccolo, “gioiello” del Festival arrivare dall’Argentina con El Premio, seconda pellicola presentata oggi in concorso, diretta anche qui da una debuttante, Paula Markovitch. L’infanzia di una bambina di sette anni, con tutte le sue ingenuità e i suoi disincantamenti, vive il dramma e le incertezze del proprio paese (gli anni Settanta sono quelli legati alla cosiddetta ‘guerra sporca’ di repressione contro i dissidenti), un’esistenza scandita sia dai giochi con l’amica del cuore, ma anche dalle paure nei confronti di un mondo (militare), quello degli adulti, troppo rigoroso e rituale. Vive con la madre sulla spiaggia in una piccola baracca, del padre ha notizie, pensa che l’esercito l’abbia ucciso, ma di questo non ne deve parlare né a scuola, né con le persone che la circondano. Sguardo furbo, acuta, troppo per un sistema a cui deve sottostare troppo silenziosamente. Quando vince una gara di scrittura, non sa che il vero premio sarà il ritorno della persona tanto aspettata. Regia importante e sentita, “film autobiografico” ammette la stessa Markovitch, fiaba nel dramma dell’Argentina ai margini che potrebbe alla fine conquistare anche la Giuria.

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