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L’uomo-diavolo

L'uomo-diavolo

M. Night Shyamalan torna all’attacco in punta di piedi, nella veste di produttore, in quello che dovrebbe rappresentare il primo episodio di /italic]The Night Chrinicles, un ciclo di avventure ai limiti della realtà che sembra volere resuscitare la linfa vitale di The Twilight Zone. La curiosità per il film è molta, per chi crede ancora in un una resurrezione del regista del Sesto senso. E le aspettative non rimarrano deluse, se quello che si attende è “un racconto del terrore” ben calibrato, privo di inutili colpi di scena o macabre sequenze a cui ci hanno abituato i numerosi Saw o il sadico Hostel e più prono al soprannaturale molto in voga negli anni Ottanta.

Presentato da una voce fuori campo, che inquadra la vicenda nella cornice della paurosa favola della buonanotte, quella – per intenderci – che vuole spingere i bambini a comportarsi bene per fare sogni d’oro e bypassare l’incontro con “l’uomo nero”, Devil convince per più ragioni. Innanzitutto non è pasticciato come molti altri horror, talmente tesi a sbalordire e spaventare da perdere di vista il senso logico dietro ai fatti narrati. Secondo poi, è verosimile e ben orchestrato e riesce a coinvolgere lo spettatore grazie anche alle interpretazioni di attori pressoché sconosciuti. In terzo luogo, ricorre a una fotografia particolare, in cui l’azzurro domina nelle inquietanti riprese in esterno, mentre i toni più caldi sono adottati per le scene in ascensore. Le strepitose inquadrature aeree di Philadelphia, con il buio skyline upside-down, aprono simbolicamente lo spettatore a un mondo sottosopra, perchè temporaneamente tenuto per le briglie dal diavolo, qui entità concreta e personificata. Un mondo, però, che, come ci mostra la catartica immagine di chiusura, non è inesorabilmente “caduto” negli abissi, come pure, metaforicamente, nella tromba dell’ascensore, se solo la rabbia cieca, l’odio e la mancata presa di responsabilità per i propri crimini lasciano il posto al pentimento e al perdono. Il film – che definire lungometraggio è un paradosso, data la sua breve, ma intensa durata – è arricchito da una sottotrama thriller, di cui protagonista è il detective che segue gli omicidi “in diretta”dalla sala di videosorveglianza del palazzo.

Ben caratterizzato da un ghost del passato (l’uccisione della famiglia da parte di un pirata della strada), il detective Bowden è intelligente quanto basta per definirsi “umano” e per non cadere nel ridicolo iperbolico dell’anti-eroe irreparabilmente segnato dai traumi della vita. Tutte le sue azioni sono logicamente verosimili, così che lo spettatore abbia fiducia in lui e accetti di buon grado di “sospendere” temporaneamente la razionale spiegazione dei fatti. Se il detective rappresenta, in fondo, l’eroe della storia, l’assistente alla videosorveglianza è la personificazione dell’archetipo del “messaggero”, che sprona l’eroe ad accettare l’invito al mondo folkloristicamente stra-ordinario (come nei racconti notturni di Gogol alla fattoria presso Dikan’ka, Veglie alla fattoria presso Dikan’ka, 1831) in cui il diavolo, in sembianze umane, riscatta ante-tempore le anime dannate. Devil potrebbe sembrare una storia banale costruita sul clichè della claustrofobia insita nello spazio limitato dalle quattro mura di un ascensore, ma non lo è. Viene spacciato per horror-soprannaturale, ma è più che altro thriller e ancor più “parabola”. Se si tratta di un apripista per altri “racconti del terrore” di un novello Zio Tibia, meno macabro e più prono al fantastico e al paranormale, rimaniamo in trepida attesa dei futuri episodi. Sempre nella speranza che non ci siano cadute di stile e che M. Night Shyamalan possa essere rivalutato dalla critica almeno nelle vesti di cantastorie.

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