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Un gioco da ragazzi

Un gioco da ragazzi

Trattandosi di un remake, la tentazione sarebbe quella di andare a tentare un paragone con il leggendario The Wolf Man diretto da George Waggner e interpretato da Lon Chaney Junior. Ma sarebbe un esercizio piuttosto sterile. Per parlare del Wolfman di Joe Johnston, infatti, non serve inerpicarsi lungo crinali cinefili troppo scoscesi. I riferimenti sono altri. E, purtroppo, vanno pescati più nel cinema d’azione che non in quello d’orrore. Poca tensione, ancora meno paura: quando il cuore batte non è per lo spavento, ma la normale reazione a un film che non fa altro che arrivarti alle spalle e urlarti fortissimo nelle orecchie un “bu!” che se in prima battuta può far sorridere, alla seconda annoia e alla terza irrita.

Se avete odiato l’abuso di rallentatore usato per rappresentare la potenza del licantropo di Wolf – La belva è fuori di Mike Nichols (per me è stato quasi un trauma), vi farà piacere sapere che questa pellicola percorre una via diametralmente opposta. Se siete amanti di un cinema fatto di atmosfere e sfumature, vi addolorerà invece scoprire che in questa pellicola, oltre a velocissimi sbranamenti e qualche dialogo pomposo, c’è ben poco. La ricetta di Johnston è semplice e muscolare: paesaggi gotici da cartolina, trasformazioni urlate, un po’ di splatter e – quando la baracca oscilla troppo vistosamente – qualche sequenza parlata che dovrebbe reggersi tutta sulla recitazione degli attori.

Una scelta forse più adatta a un film di supereroi pensato per un pubblico di adolescenti che non al remake di un classico che in linea teorica dovrebbe incuriosire anche qualche spettatore dal palato più fino. E meno male che Hopkins azzecca l’interpretazione, giocandosi il ruolo del padre-mannaro su toni quasi shakespeariani (perlomeno quanto la sceneggiatura lo consente). Perché Benicio Del Toro, considerate le sue potenzialità, stavolta delude parecchio, dando vita a un Lawrence Talbot fiacco e abulico, capace di rianimarsi un po’ solo quando la luna è piena.

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