La ragazza con la testa fra le nuvole
«Tutti noi abbiamo degli oceani da attraversare. È incoscienza? Forse. Ma qual è quel sogno che si fa dei limiti?». Con queste parole ci lascia la voce di Amelia Earhart (1897-1937), poco prima che sullo schermo scorrano i titoli di coda. Amelia è la storia senza lieto fine di un sogno diventato realtà. Grazie ai primissimi piani sugli occhi e il sorriso contagioso e magnetico di Hilary Swank, sull’aereo di Amelia ci sale anche lo spettatore, e può vedere la sconfinata distesa dell’oceano, illuminata dalle luci dell’alba, la pioggia violenta dei monsoni in una notte indiana, i greggi di nuvole soffici e placide come pecore al pascolo… Forza del cinema. Di una storia ben raccontata. Di un’attrice capace e straordinariamente somigliante al personaggio originale, creatura efebica eppur affascinante. Amelia è un film solare come la sua protagonista, perché racconta il coraggio e l’entusiasmo di chi vuole credere nelle sue capacità ed esplorare il mondo attorno a sé. L’aviatrice infatti è curiosa osservatrice della natura, desidera viaggiare, sugli aerei si sente a casa sua e accetta la proposta di matrimonio del suo sostenitore, amico e poi socio in affari George Putnam solo dopo la promessa che sarà libera di volare tutte le volte che ne sentirà il bisogno.
Il mezzo cinematografico naturalmente ne beneficia e il pubblico si può gustare vedute panoramiche mozzafiato, che si alternano con scene d’interni in cui la macchina da presa si concentra sul lato meno avventuriero e più sentimentale della vicenda. Richard Gere fa bene la sua parte: senza mancare di ammiccamenti al gioco della seduzione, la sua recitazione è quella di un attore ormai maturo. I primi piani rivelano le emozioni profonde di un uomo che ha saputo stare dietro le quinte per la sua compagna, concederle spazi di libertà, lasciarla partire talvolta con autentica paura, sempre con profonda tristezza. A Ewan McGregor è toccato un ruolo un po’ laterale, utile a far risaltare la personalità di Amelia nel suo sentirsi libera di conoscere e conoscersi, talvolta anche a costo di sbagliare. La pilota viene descritta anche come uno spirito poetico, attraverso l’uso della sua stessa voce fuori campo che legge il diario di bordo: la Earhart viaggiava molto non solo con il corpo ma anche con la mente e sapeva guardare al di là delle apparenze.
Ben inseriti nel film i materiali di repertorio: quelle immagini in bianco e nero oltre a dare inevitabilmente un forte senso di realtà, incuriosiscono ancor più lo spettatore, trascinandolo nell’epoca ormai lontana degli anni Trenta e facendo pensare su quanta strada sia stata fatta in materia di viaggi e di aviazione da allora a oggi. Una cosa non è cambiata e non cambierà mai: il gusto degli esseri umani per la sfida nei confronti dei propri limiti. Dalla remota impresa degli Argonauti, i primi nella mitologia greca a intraprendere la navigazione, alle Colonne d’Ercole di Ulisse, al piccolo grande sogno di questa ragazza che non ha mai voluto tenere i piedi per terra.
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