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cultura dell'immagine e della parola

Schegge da Cannes
22 maggio

Michael Haneke e l'attore Ulrich Tukur alla presentazione di Das Weisse BandAltra opera straordinaria, e meritevole di essere premiata, presentata in concorso, Das weisse band di Michael Haneke. Il regista di Funny Games prosegue il suo percorso nel cinema della crudeltà, raccontando le vicende di un piccolo villaggio protestante nel nord della Germania, negli anni 1914/15. Una società in apparenza ordinata e pulita, fatta di gente devota e operosa, rappresentata dai bambini che cantano nel coro di una messa pomposa e solenne. Ma misteriosi e inquietanti incidenti si perpetuano: rappresentano l’emergere di mostruosità celate, come le situazioni incestuose, in quell’ambiente, governato da una rigida, e asfissiante, gerarchia di classe. Fino a arrivare a una verità davvero sconvolgente. E all’orizzonte si profila la Prima Guerra Mondiale che sconvolgerà tutto. Haneke non esibisce mai gli elementi disturbanti, a differenza di Von Trier, ma li fa capire o intuire, rendendo il tutto ancora più atroce.

Presentato oggi in concorso anche The Time that Remains, il bel film del regista palestinese Elia Suleiman. Si tratta di un’opera semibiografica, che parte dal 1948 fino a arrivare ai giorni nostri, sulla vita quotidiana dei palestinesi israeliani. Come già il precedente Intervento divino, distribuito in Italia, il regista racconta il tutto con un tocco comico molto sottile, che lo ha fatto accostare a Tati e a Keaton. Non si tratta di un un’opera narrativa, ma di un insieme di episodi, filmati in camera fissa, con un’accurata costruzione dell’immegine, in modo da costituire delle specie di tableau vivants. Come nel precedente film, dove si vedeva un carro armato israeliano distrutto da un sasso lanciato da una fionda, Suleiman si diverte a rappresentare situazioni alla Davide contro Golia.

Presentato in concorso anche l’ultimo film di Alain Resnais, Les herbes folles, la storia di Georges e Marguerite e del loro incontro casuale per il ritrovamento di una borsetta persa in un grande magazzino. Dopo Parole parole parole, il grande regista della Nouvelle vague ha abbracciato la via della leggerezza, in modo diverso pero’ da quello di Rohmer. Les herbes folles è un guazzabuglio colorato, una specie di versione «autoriale» di Amelie, fatta dal regista di Hiroshima mon amour e L’anno scorso a Marienbad.

Stupendo anche The Immaginarium of Doctor Parnassus, di Terry Gilliam, presentato fuori concorso. Nella moderna Londra, il teatrino delle meraviglie del Dottor Parnassus offre al pubblico la possibilità di fare viaggi fantastici attraversando uno specchio. Parnassus, si scoprirà, nasconde un segreto: ha fatto un patto con il diavolo per garantirsi l’immortalità. Recuperando due miti fondamentali della nostra cultura, Alice nel paese delle meraviglie e il Faust, Gilliam conduce il pubblico verso un’infinità di viaggi stupefacenti, proprio come fa il protagonista con gli spettatori del suo teatro. Il film si chiude, non a caso, come un artefatto teatro delle marionette dagli sfondi bidimensionali.

Molto bello anche Panique au village, film d’animazione con plastilina, che ricorda vagamente, nella tecnica, Wallace & Gromit. Presentato fuori concorso, in una proiezione notturna, il film, degli animatori belgi Stèphane Aubier e Vincent Patar, è confezionato come un’opera surreale, i cui protagonisti sono un cowboy, un indiano e un cavallo non antropomorfo ma senziente e pensante.

Ancora due opere in concorso, che saranno presentate domani, tra cui l’ultimo film di Tsai Ming-Liang e poi… si vedrà.

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