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La storia di una rivoluzione

La storia di una rivoluzione

Anni di documentazione per un film che ripercorre una parte della vita di Che Guevara. Come se un personaggio storico così conosciuto si fosse appiattito sulle magliette e avesse avuto bisogno di tornare a essere reale. Steven Soderbergh racconta, come ama fare, suggestioni e confusioni temporali e visive: il bianco e nero invecchiato del discorso alle Nazioni Uniti che Guevara tenne nel 1964 fa da contrappunto ideologico alle scene di azione a Cuba, nella foresta. Là una struttura tutta verticale, fatta di cemento e pali che svettano verso il cielo, di grandi spazi grigi; qui l’orizzonte delle montagne, l’ampiezza della natura in cui i rivoluzionari si nascondevano e da cui partivano tutti i loro progetti, politici e filosofici, organizzativi e guerreschi.

Il mito pare quasi raccontato solo in quelle occasioni in bianco e nero, nelle quali Guevara è così simile a se stesso, e quel sigaro, quelle pose, il ricordo di certe fotografie viste mille volte ritorna: quello è forse l’occidentalizzazione di un uomo, la sua mitizzazione, una parte di lui, lo sguardo con cui siamo abituati a guardare. Poi l’altra realtà, che è quella delle strategie di guerra e delle battaglie, ma anche delle discussioni politiche e della fatica di marciare, della morte. Sembra quasi essere un biopic con una forte spinta al documentario: la cura per i dettagli e per la loro verosimiglianza è puntuale, quanto la totale immedesimazione fisica di Benicio del Toro nel personaggio interpretato. I tempi sono quelli della marcia e dei progetti strategici, dell’attesa del momento in battaglia, della lentezza composta di un rivoluzionario colpito che si accascia a terra. Guarda e reimpasta l’idea precostituita del personaggio, poi lascia scorrere le sue parole-idee politiche-piani guerreschi.

Per questo il film, che è diviso in due differenti parti, sofre di questa interruzione forzata e assolutamente non programmata nello scorrere delle sequenze. È come un taglio pubblicitario lungo settimane. Che rende la storia più debole e meno vera.

Curiosità
Il film è stato girato con una videocamera digitale di ultimissima generazione, La Red, che in 4 chili racchiude la resa visiva di una 35 mm.

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