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Un microcosmo d’ironia low-cost

Un microcosmo d’ironia low-cost

Tra film in concorso capaci di mettere a dura prova di sopportazione anche il cinefilo più oltranzista, tra sezioni Giornate degli Autori e Orizzonti più deludenti del solito, la scorsa edizione della Mostra del Cinema di Venezia aveva proprio bisogno di una rivelazione. La sala era quindi piena per il sorprendente Un altro pianeta, film realizzato con 970 euro, girato in 5 giorni di riprese in digitale e diretto dal regista Stefano Tummolini, già sceneggiatore per Ozpetek, del quale si rivela un’inevitabile costola produttiva (quale casa di produzione avrebbe scommesso su un progetto così debole, se non supportato, probabilmente, dall’ormai incontrastabile cricca?)

Il film, leggerissimo, breve, divertente in più momenti, è stato paragonato per atmosfere e intenti a importanti titoli come Domenica d’Agosto (Luciano Emmer, 1950) e Una giornata particolare (Ettore Scola, 1977). Un po’ troppo lusinghiero l’accostamento: è più giusto riportarlo al filone un po’ trash (poi come spesso accade rivalutato) di Casotto (Sergio Citti, 1977). La dimensione temporale del film è però inequivocabilmente quella dei nostri tempi: sul litorale nudista di Capocotta si incontrano un omosessuale che cerca consolazione nell’amore facile, una ragazza insicura che da tempo non vive passioni, un’altra alla disperata ricerca di attenzione, un intellettuale ageé, un giovane attore che aspira ad Ozpetek (sempre lui), tutti, rigorosamente, alla ricerca dell’amore. La girandola di sentimenti accennati si dipana grazie a dialoghi paradossali, a volte ripetitivi ma spesso comici; la vera rivelazione sta nell’attore protagonista, Merone, dapprima rude e solitario individuo e in seguito, con l’interazione della dolce Daniela, caratterista disinibito come se ne vedono tanti nel teatro napoletano.

Un piccolo film per sensazioni a fior di pelle, non c’è dubbio, ma che non riesce a emulare quel gioiello, anch’esso di sintesi e low cost, che è stato Pranzo di ferragosto dell’esordiente alla regia Gianni De Gregorio. Una critica sociale appena accennata e un pizzico di autoironia sull’omosessualità sono i punti forti del film, su cui non sarebbe stato male insistere con più decisione anche in vista del finale, sorprendente e tenero.

Curiosità
Il film è il vincitore del Queer Lion 2008.

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