Fuori dal tempo
Alla Pixar non si sanno solo confezionare miti del presente (Nemo, Gli Incredibili, Ratatouille), ma si conoscono anche quelli del passato. In Wall-E bastano poche inquadrature per accendere una miriade di ricordi (quell’esplosione dei sensi di cui parla il topolino Rémy in Ratatouille quando abbina il formaggio al ribes): nel pianeta azzurro visto dallo spazio riaffiorano numero 5, E.T., Blade Runner, 2001.
Frammenti di film entrati nell’immaginario collettivo, quelli che parlano alle masse e non solo ai cinefili. Fotografie dell’America e delle sue idee in diverse epoche e modalità di rappresentazione: dalla fantascienza più cupa degli anni Ottanta alla scoperta dell’alieno buono di E.T.
In un film muto – o meglio, non parlato – per una buona metà (tre le parole pronunciate: “Wall-E”, “Eve” e “Direttiva”), non stupisce che il significato covi nel non visto, o meglio ancora del sonoro: la macchina da presa sui grattacieli di rifiuti danza sulle note dei musical anni Cinquanta e costringe i due interlocutori al dialogo diretto: l’America di oggi con l’America del sogno, il mondo delle potenzialità infinite con la minaccia di ciò che stiamo diventando (anche qui l’egocentrismo Usa non si tira indietro: parlare di America equivale necessariamente a parlare del mondo intero).
Sul tenero Wall-E incombe la nostalgia del sogno quasi perduto, della strada che si sta per smarrire definitivamente. Per questo il robottino con gli occhi a binocolo riguarda in loop quel mondo fatto di coreografie geometriche, sogni ancora possibili e amori favolosi.
La soluzione sta negli occhi e nel cuore, come il piccolo robot sa bene: bisogna aprire bene l’obiettivo, mettere perfettamente a fuoco e tornare a guardare. Chi conosce agisce, proprio come il capitano della nave, e riprende ad amare.
Forse i miti del passato tornano con troppa insistenza. La poesia della prima parte si stempera nel tentativo di tessere una tela troppo precisa di rimandi e citazioni fra l’occhio di HAL 9000 e il bel Danubio Blu. Il simbolo, che si carica di significati quando si riferisce al nulla in cui Wall-E è immerso, riprende la banalità nel raccontare gli uomini.
La citazione diventa ridondante: Also Sprach Zarathustra suona eccessiva (la ribellione alle macchine e il tentativo di riprendersi il proprio destino è la nuova alba dell’uomo), quasi un tentativo di ricordare semplicemente l’onnipresente 2001 e non un modo per creare un nuovo orizzonte di senso.
Alla fine il cuore arriva là dove la mente fallisce: il timido Wall-E immerso nella polvere giallastra dei rifiuti racconta in un solo sguardo la paura, l’amore e la nostalgia con cui ogni generazione dovrebbe guardare il futuro della successiva. La corda delle emozioni è stata fatta vibrare.
Curiosità
Nella versione originale, Sigourney Weaver dà la sua voce al computer dell’astronave.
A cura di Fabia Abati
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