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Il Paradiso Perduto

Un profondo messaggio filosofico celato in un libro per l’infanzia. È quanto accade nella trilogia Queste oscure materie di Philip Pullman, maestro di un fantasy sui generis. Sconosciuto ai più a causa dell’apparente target under 14 delle proprie opere, Pullman è in realtà autore di un testo ricco di chiavi di lettura e ispirato all’immensa opera miltoniana Il paradiso perduto.
Edificando con estrema cura un universo parallelo, egli fornisce una risposta originale ai quesiti su cui l’Uomo da sempre si interroga. Nel mondo di Lyra l’anima è corporea e sotto forma di daimon, la coscienza è fatta di sottili particelle, Dio stesso può essere sconfitto. Pullman è in grado di manovrare in modo credibile le leggi della fisica e di spingersi fino ad un anticlericalismo spietato, unito ad una strenua nella grandezza del cuore umano.
La protagonista, segnata da una profezia che la porterà a modificare il destino dell’umanità, verrà condotta verso la Conoscenza e le fondamentali domande: il Sapere è un bene assoluto? È la Fede la via giusta da intraprendere? L’Universo è solo ciò che si para davanti ai nostri occhi, oppure il mondo è parte delle sottili trame che si intrecciano e coesistono?

Nell’opera risulta chiara l’intenzione di mostrare una più sfaccettata visione della lotta tra bene e male, in cui spesso i due elementi si compenetrano. Il merito più grande dello scrittore sta però nella capacità di analisi dell’animo umano, lucida quanto fuori dal comune. Egli riunisce diverse credenze, permettendo al lettore di decidere quale sia più convincente, invece di limitarsi a dettare una morale per lui ovvia.

La tentazione per Chris Weitz era forte: sfruttare la spettacolarità della controparte letteraria per estasiare un pubblico abituato alle fortunate trovate di J.K. Rowling. Ma le scene di battaglia tra orsi polari corazzati o le lotte tra streghe volanti munite di scopa paiono immagini vuote senza il supporto della cosmologia di Pullman. Il senso delle avventure raccontate nel romanzo viene perso, a causa non solo della normale opera di taglio che le trasposizioni cinematografiche impongono, ma anche delle scelte politically correct che avvelenano il film in diversi punti. L’operazione era da ritenersi in ogni caso difficile: il tentativo di soddisfare i fan dello scrittore e gli spettatori privi di background fallisce poiché i primi rimangono delusi dalla superficialità e dalla sbrigatività della narrazione, e gli altri faticano a comprendere l’insensatezza di certe sequenze. Nemmeno la presenza dell’algida Nicole Kidman e dell’ex 007 Daniel Craig addolciscono l’amara pillola dell’occasione sprecata.

Il calderone di trovate fiabesche sembra fine a sé stesso e non viene lasciato spazio all’approfondimento delle tematiche portanti. La teocrazia dogmatica, che affligge nel libro il mondo degli uomini, non viene posta in risalto. Si ha una “censura della censura”: il timore delle critiche fa sì che non si evidenzi in negativo l’insabbiamento della verità operato dalla Chiesa, che ha un ruolo fondamentale nell’opera narrativa.
L’insuccesso ottenuto ha escluso un eventuale seguito e il finale aperto, oltre a non aver arrecato alcun beneficio ai produttori, rende incompleta una storia già mal strutturata e quindi ulteriormente priva di efficacia.

Giunge pertanto inaspettata l’affermazione del romanziere, che si è dichiarato appagato della resa su pellicola della propria creatura. La definizione di “più deludente adattamento cinematografico”, attribuito a La Bussola d’Oro dall’Entertainment Weekly, non ha scalfito la speranza di Pullman in una trasposizione del secondo libro, La lama sottile.
La New Line Cinema si rifiuta però di discutere il futuro della trilogia, risparmiando ai lettori un’ulteriore delusione.

La bussola d’oro. Queste oscure materie, romanzo di Philip Pullman, 2007
La bussola d’oro, regia di Chris Weitz, 2007

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