hideout

cultura dell'immagine e della parola

L’apparenza del Caos

L’apparenza del Caos

Ovviamente non è solo una commedia. Un film dei Coen non è mai solo una cosa. Questo Burn After Reading (titolo suggestivo se si pensa alla vicenda, visto che significa “Brucia dopo aver letto”, aggiornato in Italia con un sottotitolo più immediato come A prova di spia) si presenta come una parodia delle spy stories americane ma poi raggiunge vertici cinematografici irresistibili.
Tutto inizia come un gioco (la macchina da presa, infatti, si getta a piombo sull’immagine di un planisfero che localizza la città di Washington, epicentro narrativo e deviante) e lo spettatore ne prende subito parte buttandosi dentro questo mondo fittizio e fatto di finzioni, dove le spie sono licenziate e dove l’uomo qualunque dei Coen, grazie al caso dei Coen, trova quello che non deve trovare e fa scoppiare una serie scatenante di eventi rocamboleschi. Tutto finisce come un gioco, anche se quello a cui abbiamo assistito non è stato proprio un gioco, ma il cerchio si chiude come si era aperto (la macchina da presa, infatti, fugge dalla location d’apertura).

E dentro il gioco un oceano di sorprese. O meglio, vecchie sorprese che qui sono sempre più conferme. La prima sorpresa, in assoluto il personaggio più sovversivo e significativo del film, è Frances McDormand (moglie di Joel e per la quinta volta in un suo film – Fargo, Sangue facile, Arizona Junior e L’uomo che non c’era). La McDormand, qui, è una donna che insegue. Insegue uno status di bellezza non suo, distante anni luce dalla sua attuale forma fisica (mette in mostra il suo corpo vero da rifare e ritoccare), tramutandosi in icona, in simbolo filmico (visto che tutto il film riflette la condizione estetica dei suoi personaggi, alle prese con la bellezza e l’apparenza). Insegue il pericolo, il mistero, l’avventura che fa paura ma che le permette di esaltarsi e le permetterebbe di guadagnare una grossa ricompensa (che spenderebbe nella chirurgia estetica). Insegue l’amore, perché infelice e sola. E quando pensa di averlo trovato scopre che tutto è collegato al nulla e allora diventa una bestia feroce. Un personaggio unico, trainante, divertente, robusto che fa tutto per essere immagine.
Poi ci sono le paradossali “spalle”. George Clooney (che con questo film, aggiunto a Fratello dove sei? e Prima ti sposo, poi ti rovino, conclude la personale trilogia dell’idiota firmata dai Coen), beota, scopatore di femmine, maniaco del fisico (che dopo “ogni volta” deve andare a correre per inseguire l’ideale forma fisica, come per ripulirsi). Brad Pitt, che così comico non si era mai visto, sembra un fantoccio di gomma, un pupazzo di plastica, ma in realtà è pure lui icona di uno stato d’essere basato sull’apparenza (è chiaro il suo riferimento all’estetica pop anni Ottanta). Nella sequenza dentro l’auto di John Malkovich, mentre rivendica i suoi segreti, è di un delirante da ricordare a lungo. C’è appunto Malkovich, vittima del regno del Caos, frustrato agente segreto licenziato, motore scatenante di un sistema che lo risucchia e poi, c’è pure Tilda Swinton, fredda e cinica, complice e scaricata.

Ma Burn After Reading, pur appoggiandosi a un cast ispirato con personaggi forti, è anche un film intelligente che sa far ridere e che non perde la propria identità ibrida e scomposta destinata a mordere chiunque. È ancora il viaggio interiore dell’uomo il centro del discorso dei Coen, che qui amplificano spostando l’attenzione sulla fisicità, la bellezza, l’uso del corpo. È una riflessione amara che segue in maniera coerente i binari del loro cinema. Un cinema spiazzante, che quando rappresenta la realtà riesce a camuffarla (come nel caso dei luoghi di questa irriconoscibile Washington), che appena sfiora il romantico ti spara in faccia e ti si rivolta contro. È un proiettile, una corsa contro il tempo, una risata sguaiata ma necessaria. Anche questo, insomma, è un contenitore multiplo, un film aderente ad un cinema che intreccia gli incastri, che spappola e frulla i generi, che frantuma il tempo, lo spazio, il corpo. È, anche questa volta, il cinema beffardo e pepato dei Coen.

Non c'è ancora nessun commento.

Lascia un commento!

«

»