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La città del sole

La città del sole

Regia asciutta e sceneggiatura spietata. Cargo 200 può apparire fin troppo cerebrale nella sua claustrofobia di cristallo, trasparente, dura e fragile allo stesso tempo. Ma i dialoghi su Campanella, Dio e Karl Marx lasciano intuire che per Aleksei Balabanov è impossibile raccontare il declino dell’Unione Sovietica senza parlare di quei riferimenti filosofici che ne hanno alimentato – citati in maniera propria o impropria – l’Utopia. Il vicolo cieco in cui Balabanov caccia lo spettatore non è altro che la gabbia dorata costruita intorno al popolo russo per fargli credere di vivere nel migliore dei mondi possibili. Con la sostanziale differenza che il vicolo cieco è più sincero della gabbia dorata.

Per demolire l’Utopia è sufficiente allora costruire un sillogismo, indizio dopo indizio. La tesi è già nel titolo: Cargo 200, l’aereo che senza sosta sbarca cadaveri, il messaggero diretto della morte. Il fronte è lontano, mai visibile, ma è la cicatrice viva di una società malata, la ferita aperta da cui si perde sangue fresco, caldo, linfa vitale sparsa sull’altare della sconfitta.
Come in tutte le storie di morte e di società in putrefazione, il declino riguarda i padri e i figli, la vecchiaia e la gioventù. Complici i padri ciechi che hanno fallito la missione di insegnare, vedere, proteggere. Peggio ancora, hanno commesso il peccato di credere nell’Utopia, di drogarsi di filosofia senza avvertire la sterilità delle Idee nel risolvere la quotidianità: fiutare il pericolo, nutrirsi, gridare aiuto. Il Verbo è stato scisso dalla carne e si è fatto Morte.

I figli si perdono nella nuova valle dell’Eden di distruzione. Quelli che si fidano dei padri vanno a farsi ammazzare e tornano sul Cargo 200. Quelli che hanno conosciuto il mondo fuori dall’Utopia si preoccupano di scopare e fare soldi. A entrambe le categorie rimane la consolazione della droga etilica, l’arma nascosta sotto la maglietta proprio come la pistola, unico strumento di autodistruzione su un letto dove ci si trova ammanettati. Del resto, se i genitori si sono drogati di idee non è così immorale che i figli si accontentino delle sostante chimiche. Il sillogismo è chiuso, nell’uno come nell’altro caso la fine è vicina. Per fortuna?

Curiosità
Cargo 200 ha aperto le Giornate degli Autori alla mostra del Cinema di Venezia 2007. Molti degli interpreti sono attori non professionisti, come la giovane Agniya Kuznetsova. Balabanov ha dichiarato di volere dei giovani che fossero naturali e soprattutto che avessero del sale in zucca. I redattori di hideout presenti alla mostra del Cinema di Venezia avevano attribuito a Cargo 200 il “premio al film che non sarà mai distribuito”. Siamo lieti di aver preso un granchio.

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