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Californication: tra capezzoli e psicologia

Hank Moody, come tutti ormai sanno interpretato dall’X Files David Duchovny, è uno scrittore che, in preda a crisi sentimentali e creative, si concede tanto a superproduzioni hollywoodiane quanto a folli avventure sessuali. Sempre però restando innamorato della sua ex, la quale è in procinto di sposarsi con un uomo che è in tutto e per tutto l’opposto di Hank. I toni sono leggeri, come dimostra la coloritura principale della serie, data dall’abbondare di un poco innocente ma profondamente ironico soft porn. In fondo, si capisce che aria tira già fin dall’incipit del pilota, dove una suora offre piacere orale (di fronte all’altare!) al nostro Hank per alleviare le sue sofferenze. Realtà? No. Si tratta di sogno, unito a comicità e studio sul personaggio. Perché il sesso in Californication è sempre spunto per divagare sul filo di un umorismo a doppio taglio. Hank viene non viene infatti presentato come un farfallone senza spessore, bensì come un eroico playboy dal cuore spezzato. Lui porta e viene portato a letto dalla quasi totalità delle donne che incontra, ma non con la spensieratezza che ci aspetteremmo: il suo è un disperato tentativo di catarsi sessuale mai riuscito, poiché il ricordo di lei ha un peso maggiore di qualsiasi orgasmo (d’altronde lo vediamo ascoltare Blood on the tracks, “l’album dei cuori spezzati”).

I reggiseni appesi in strada in fase promozionale e i claim “xxx files” rappresentano sì la serie, ma non in modo esaustivo. Uno dei magiori meriti di Californication è infatti quello di non essere un semplice elogio della libertà sessuale, ma anche un tentativo creativo di capire un uomo e le sue problematiche, spesso degeneranti in atteggiamenti poco ortodossi. Ma si sa che quando si esagera molti nasi sono pronti a storcersi. È ovvio che non abbiamo a che fare con le vicende di un chierichetto, ma ammettiamo che l’idea che la serie passi su Jimmy, con tanto di parental control (codice da inserire per la visione di contenuti riservati ad adulti) un po’ disturba.
D’altronde questo è un prodotto che rompe gli schermi (altra nota merito) non tanto perché mostra scene erotiche, quanto per le prese di posizione che Hank incarna. Citando l’angolo di Malaparte di Tvblog, “la serie non è rassicurante. Anzi. E non lo è perché prende posizioni”. Hank spara a zero su tutto, se stesso compreso (“Sono disgustato della mia vita e di me stesso ma non sono infelice per questo”). Qui sta la forza disturbante e critica di Californication.

“It’s an adult comedy with a childish point” dice giustamente il New York Times. Hank si atteggia a bambino mai cresciuto, dice ciò che pensa, fa quello che vuole, pazzie comprese. E in fatto di autenticità di espressione i folli e i bambini sono al primo posto. Ma a quanto pare tutto ciò poco interessa alla televisione nostrana. Basta evitare il pericoloso capezzolo e rimanere all’interno del politicamente corretto e tutto si può mostrare e dire, a qualsiasi ora. Poco importa ciò di cui si sta parlando. L’importante è coprire. Sarebbe molto più proficua un’educazione alla visione piuttosto che dei semafori colorati (che naturalmente non colpiscono quasi mai quella che è la vera volgarità televisiva). Aspetteremo quel giorno accontentandoci per il momento di passaggi su canali meritevoli ma poco facilmente raggiungibili. Naturalmente sperando, al momento della visione, di ricordarci il codice per il parental control.

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