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Cosa c’è da salvare nella tua vita?

Cosa c’è da salvare nella tua vita?

10 cose di noi si basa sulla ripresa della metafora shakesperiana della vita come palcoscenico. E viene scelto come portavoce di questa similitudine un personaggio borderline tra il mondo reale e quello della finzione, cioè un attore (senza nome per tutto il film) a riposo dalle scene, un soggetto quindi al limite tra la pretesa del cinema di essere quanto più possibile copia del vero e la realtà che sembra in parte seguire gli stessi meccanismi del suo simulacro sullo schermo. Infatti la separazione tra ribalta e retroscena nella messa in scena del vivere quotidiano è un concetto riscontrabile anche nella moderna psicologia sociale e quindi il paragone tra la produzione di un film e la conduzione della propria vita con i suoi più disparati ruoli da interpretare è quanto mai calzante e al passo con i tempi. Il personaggio di Morgan Freeman, impegnato in una delle sue rare interpretazioni da commedia, mostra infatti che nella vita come su un set non si può fare a meno di apparire e quindi i reparti di trucco, parrucco e costumi ricoprono un ruolo decisamente importante per un colloquio di lavoro, come per altre mille situazioni che quotidianamente ci si trova ad affrontare e non sono quindi soltanto appannaggio delle star hollywoodiane. Questo sarà infatti uno degli insegnamenti trasmessi alla giovane Scarlet.

Il cartello “massimo dieci pezzi”, ignorato dai più, della cassa veloce dove lavora Scarlet viene usato astutamente nel film come pretesto per fare un bilancio sull’esistenza di entrambi i protagonisti, entrambi a un punto di svolta. Lei dopo un matrimonio fallito e incastrata nei pesanti turni di un lavoro insoddisfacente vorrebbe dare un’altra direzione alla sua vita e lui indeciso se tornare a recitare dopo un lungo congedo sta meditando se accettare o rifiutare per l’ennenisma volta un’offerta di lavoro. La trama nel film è quanto mai insignificante, si riduce a essere quasi soltanto un pretesto per far dialogare i due personaggi, permettergli di incontrarsi e aprirsi l’uno all’altro e quindi la responsabilità della riuscita del film si può dire sia affidata interamente alle interpretazioni coinvolgenti ed efficaci di Freeman e della Vega. Ciò che interessa maggiormente al regista non è infatti lo svolgersi delle azioni che nella pellicola si dipanano con un ritmo piuttosto intorpidito e appaiono quasi banali nella loro semplicità, ma piuttosto mettere in luce, come fa il personaggio di Morgan Freeman, i comportamenti e le motivazioni che stanno dietro ad essi. Il film quindi si costruisce soprattutto su intensi dialoghi e infatti la macchina da presa, oltre a pedinare, si concentra su inquadrature intimiste (frequentissimi sono i primi piani dei due, particolarmente ispirati, protagonisti). Il lavoro che l’attore fa per prepararsi a interpretare la parte attraverso l’osservazione e la raccolta di informazioni, costruendo quasi una biografia del personaggio, viene completamente svelato dal film. Anzi sembra che l’anziano attore interpretato da Freeman e il regista Brad Silberling si prefiggano il medesimo obiettivo: sondare l’animo di Scarlet per farne una protagonista e svelare la persona che si nasconde dietro ad un ruolo.

Ma il vero regista alla fine è Silberling e quindi anche l’attore-Freeman, per quanto tenti di condurre il gioco, si trova coinvolto in prima persona in quest’indagine psicologica che diventa un confronto oltre che tra due mondi anche due stagioni della vita diverse, la pacatezza della vecchiaia e l’esuberanza della giovinezza. Per entrambi i protagonisti, incontratisi di fronte a un bivio nel cammino della loro esistenza, l’imperativo è “ricominciare”.

Curiosità
Il film è stato girato in soli quindici giorni con un budget molto ridotto, abbracciando un’estetica indipendente. Il regista ammette di aver voluto vedere i film neorealisti italiani rendendosi conto di poter “semplicemente andare in strada con due grandi attori e filmare”. La scelta di girare velocemente ha messo infatti negli attori la voglia di lasciarsi andare, improvvisare, perfino di sperimentare con i loro personaggi, modalità assolutamente in controtendenza con quella tipica di Hollywood.

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