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Il gusto del passato

Il gusto del passato

Dopo tre tentativi (diversamente riusciti), quello di Clooney non può più essere catalogato soltanto come cinema sperimentale, alternativo, insolito. È anche e soprattutto codificabile come un cinema d’indagine perché la verità ne è il vero nucleo pulsante. È un cinema vivo, acceso, scottante, a volte scomodo e ingombrante, altre volte necessario come una scoperta, una novità, altre ancora si nasconde dietro la forma per poi comunicare l’essenziale attraverso la sostanza. È sempre più evidente che il bel George, amico di noi italiani che non manchiamo occasione per metterlo in difficoltà su domande gossippare e sui suoi conflitti d’interesse (vedi pubblicità Nescafé, anche se, con tutto il rispetto, solo l’attore Clooney avrebbe potuto essere così simpaticamente d’impatto), ha spostato il baricentro della sua carriera su progetti ambiziosi non devoti all’accumulo di soldi (che poi quelli, a lui, non mancano mai). Le recenti produzioni e la costante collaborazione con l’amico Soderbergh hanno fornito elementi utili per conoscere la doppia faccia di questo attore, produttore, regista, scrittore che continua a investire i soldi dei suoi botteghini (gli Ocean e altri) in ambiziosi progetti in bilico tra avanguardia e militanza (Syriana, Intrigo a Berlino e Michael Clayton per citare solo i più recenti, ma anche la serie tv Unscripted).

Questa volta Clooney misura la sua sete di verità costruendo una storia collocata nei paraggi della commedia sentimentale, rievocando e, forse, riesumando il genere della commedia sofisticata degli anni Trenta, quella fatta di eleganza, costumi, risate controllate, pungenti e indirizzate verso la società. Prende spunto da una vicenda scritta da due giornalisti sportivi, Duncan Brantley e Rick Reilly, e trasforma l’iniziale e rischioso film sportivo in un’allegoria della contemporaneità (come, del resto, ha sempre fatto se si pensa che in Confessioni di una mente pericolosa la vicenda di un famoso showman si trasferiva nella rete intricata dei servizi segreti riflettendo sul ruolo della televisione nella vita reale delle persone e Good Night, and Good Luck rievocava le dinamiche del maccartismo come privazione della libertà attuale). Le disavventure di Dodge Connoly, mente e corpo dei Duluth Bulldogs, dell’ambiziosa giornalista Lexie Littleton (Renée Zellweger) e del football ‘delle prime volte’ conducono ancora una volta a rapportarsi con il valore della verità, con la potenza dei media e con l’ingenuità dell’uomo di fronte al potere e a chi lo pilota.

Leatherheads, cioè teste di cuoio, il titolo originale rende giustizia al film non come la sua traduzione italiana banale e furbetta, è un nuovo esempio di innovazione, riscoperta, gusto cinematografico. Un nuovo modello d’immagine e spettacolo che non ha paura di confrontarsi con il pubblico, che crea ancora qualcosa da valorizzare e guardare con entusiasmo, passione, curiosità.

Curiosità
Il prossimo film interpretato da Clonney sarà Burn After Reading dei Coen al fianco di Brad Pitt. A questo proposito Clooney ha detto: «Voglio poter dire le cose che mi interessano e interpretare ruoli che mi piacciono: ieri un giornalista, oggi un giocatore al tramonto, domani anche un perfetto idiota, come il ruolo che mi hanno affidato i Coen nel loro prossimo film».

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