Troppe prospettive sfuocate
Per comprendere perchè Prospettive di un delitto sia un film sopravvalutato, basta scoprire l’origine della sua sceneggiatura. Lo script era infatti stato pensato come trama della quinta stagione di 24, la serie tv con Kiefer Sutherland, poi accantonata e messa in un cassetto. Qualche produttore (o meglio Neal H. Moritz, una delle menti dietro un’altra serie tv, Prison Break) ha poi deciso di riciclare quello script, trasformando i possibili episodi televisivi in sequenze di una produzione cinematografica. D’altra parte se le serie tv funzionano così bene, perchè la stessa formula non dovrebbe reggere altrettanto bene al cinema? Semplice, perchè serial e film sfruttano meccanismi narrativi diversi. Una serie si può permettere di dilatare i tempi, sfruttare rimandi incrociati, costruire i personaggi nel corso degli episodi. Un film invece, o per lo meno un thriller come questo, per definizione è più immediato, si basa su una linea narrativa definita e ritmi serrati. Prospettive di un delitto è in sostanza il riassunto di una serie televisiva, e anche la struttura a diversi punti di vista che utilizza non è certo una novità in campo cinematografico. Basti pensare che cinquantotto anni fa Akira Kurosawa vinceva il Leone d’Oro a Venezia con Rashōmon, film che seguiva la stessa logica di racconto.
È quindi completamente da buttare Prospettive di un delitto? No. Malgrado non sia nulla di nuovo e sfrutti una struttura poco adatta al mezzo, la storia raccontata finisce per essere intrigante. Soprattutto i primi minuti, in cui si diverte a criticare il potere dei media e della televisione in particolare, funzionano. Poi, man mano che i segreti si svelano, il film perde di intensità e lascia spazio all’azione pura. Fino a un finale davvero improbabile, degno più di un film alla Dolph Lundgren che di un thriller che vorrebbe passare per intellettualoide. Un finale in cui la critica alla società americana che si era intravista all’inizio lascia il posto all’apologia del potere del presidente sopra tutti.
È un peccato aver quindi sprecato un cast davvero promettente, con un William Hurt svogliato, un Dennis Quaid invecchiato e un Forest Whitaker stranamente fuori parte. Rimane l’interesse per aver rivisto Matthew Fox lontano dall’isola di Lost e Sigourney Weaver in uno dei pochi ruoli interessanti che le sono stati concessi negli ultimi anni.
Curiosità
Tutto il film è ambientato a Salamanca, in Spagna, e lì sono state effettuate le riprese aeree. La plaza major è invece stata completamente ricostruita a Città del Messico, dove è realmente stato girato il film.
A cura di Alberto Brumana
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