hideout

cultura dell'immagine e della parola

Italian
Conchiglioni

Londra, dicembre 2007. Sebbene oltremanica, la sera non si può evitare un piatto di pasta: ospite da amici italiani vedo estrarre da un armadietto una confezione di pasta Asda. Gli Extra Special Conchiglioni, private label di Asda (supermercati parte del titanico gruppo Wal-Mart) superano il mio italico sciovinismo e si dimostrano non solo buoni, ma anche “furbi”. Una furbizia tutta di plastica.

E’ il packaging, infatti, a rassicurarmi sull’ammissibilità di una pasta inglese. Un’allungata busta di plastica opaca, trasparente nel mezzo e, ai lati, elegantemente decorata con scritte oro in campo nero che riproducono parole familiari: “Gusto!”, “Pesto genovese”. Un intermezzo in inglese accenna ai Martino, famiglia creatrice di pasta da generazioni.

La pasta ammicca dalla trasparenza della busta: un conchiglione effettivamente perfetto, panciuto, dalla larga bocca golosa di sugo. Una banda orizzontale, collocata centralmente, funge da etichetta: in grandi lettere ci presenta i Conchiglioni – parola che rifiuta una traduzione e resta campanilisticamente scritta in italiano – e, a seguire, una bodycopy di alcune righe. Sorpresa: è realizzata a Gragnano (“…the traditional home of Italian pasta”), usando i migliori ingredienti.

Un consiglio al volo: “Fai un sugo di spinaci e ricotta e condiscila con salsa di pomodoro fresco”. Lo ammetto: sono rassicurata. La pasta è realizzata in Italia e i consigli di cucina sono assolutamente coerenti (e ribaditi: sul retro della confezione una lunga trafila racconta la ricetta siciliana). Fantastiche le istruzioni date che sono dettagliatissime, dal livello di temperatura dell’acqua alla modalità di taglio dei pomodori. Rispunta un filo d’orgoglio italian-culinario: “Finalmente gli inglesi riusciranno a capire che non basta un bollitore!”.

Capitolo quando, nella stessa etichetta, mi soffermo sulla fotografia che appare a sinistra. Uno scorcio di una vecchia strada, una donna in lontananza con il capo coperto, una vecchia Cinquecento posteggiata. Saranno i colori seppia oppure l’iconografia più-vera-del vero? Cedo a quest’immagine di un’Italia che non c’è più e, a metà tra il nostalgico e l’amore per la tradizione a tavola, mi arrendo. Cari uomini del marketing Asda ce l’avete fatta: avete venduto una pasta di marchio ignoto ad una italiana, e per di più in territorio straniero.

Questo piccolo, intimo scontro tra il mio stomaco e il mio cervello mi porta a razionalizzare che, a volte, il packaging fa davvero la differenza. Un’immagine studiata ad arte per sollevare un’emozione (in questo caso: l’amore per la tradizione), combinata ad un testo breve ma evocativo, può convincere anche i più scettici (tra questi: il mio gentile ospite, fondamentalista del Cucchiaio d’Argento).

“Ecco come ci vedono all’estero” penso mentre guardo la confezione. Uno sguardo così artatamente confezionato che ha messo in trappola anche la sottoscritta. Con buona pace del suo stomaco, che ha invece apprezzato senza porsi troppe domande.

Non c'è ancora nessun commento.

Lascia un commento!

«

»