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La musica, il mare e la nebbia

La musica, il mare e la nebbia

Stupisce il titolo, che con un cenno alla vicenda permette di immaginare il tutto, e, forse, stupisce ancor di più scoprire che il creatore della nostalgia di questo film sia Fabrizio Bentivoglio, l’attore. Colui che, di solito, veste i panni di chi ama lasciarsi guardare, qui conduce lo spettatore dentro i propri ricordi creando immagini da guardare. L’esordio di Bentivoglio alla regia è, innanzitutto, il racconto appassionato di una parte del passato italiano, quello della seconda metà degli anni Settanta. Un periodo storico scandito anche dalla musica, non solo dalle contraddizioni socioculturali o dalle lotte al potere. Un momento importante di riscoperta e rivalorizzazione, di avanguardia e sperimentazione, nel quale il giovane Faustino Ciaramella sogna di diventare un vero chitarrista. La musica e il desiderio di sfiorarla, almeno con qualche accordo, almeno nei sogni, almeno quando si ascolta la musica della fantasia.

Questo è un film che coglie le sfumature dei rapporti e per questo riesce ad amplificare i lineamenti dei personaggi. Un contorno quasi abbozzatto, per certi versi macchiettistico che esalta ogni figura grottesca, amabile, onirica o kitsch che sia. Il campionario di umanità che si alterna in Lascia perdere, Johnny! stuzzica l’immaginazione e scuote le sensazioni più scontate. Personaggi al limite del bello e del brutto, forti delle ambiguità che li contraddistinguono da ciò che è anonimo e da ciò che si perde in un paesaggio anonimo. Un film, quindi, che non si chiude dentro stereotipi ma che lascia sorridere o anche no, che non ha la pretesa di raccontare tutta l’Italia di quel periodo e che, solo qua e là, accenna all’importanza della radio e della televisione come strumenti di diffusione di creatività. Risulta significativo notare come, anche in questo caso, il contesto dentro il quale prende forma il film sia la provincia italiana. Un paesaggio che si trasforma presto in personaggio perché s’identifica con lo scontro socioculturale tra nord e sud (rappresentato dal personaggio di Augusto Riverberi che “scende” da Milano e arriva a Caserta). Dentro la provincia il cinema italiano riscopre passioni e sentimenti. Uno scenario che non nasconde nulla e che lascia esprimere tutti: creatori, attori, spettatori. La provincia diventa, così, un luogo immaginario e immaginifico nel quale è possibile incontrare la verità, la menzogna, la paura e l’amore, senza temere di cadere nell’incoerenza.

Ecco, Bentivoglio sembra suggerire questo. Lascia spazio alla sincerità dei sentimenti e dei ricordi, che qui assumono una potenza narrativa estremamente significativa. Alla fine una domanda: chi sono i nostri maestri? O meglio, abbiamo ancora dei maestri da seguire?

Curiosità
Il film è costruito anche intorno ai racconti folcloristici e/o favolistici sulle origini professionali degli Avion Travel, di cui Peppe Servillo è uno dei leader e con cui Bentivoglio è stato anche in tournée (con La guerra vista dalla luna) e ha inciso due album.

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