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Festa di Roma
Silvio Soldini

Antonio Albanese, il regista Silvio Soldini e Margherita Buy fotografati a RomaRoma, 22.10.2007. Primo e unico film italiano nella sezione Première, oggi alla Festa del Cinema di Roma è il turno di Giorni e nuvole del regista Silvio Soldini. La pellicola, accolta molto positivamente dalla stampa, conferma il buono stato di salute del cinema italiano qui a Roma, dopo la bella prova del film di Mazzacurati qualche giorno fa. La storia è quella di una coppia medio borghese che, a seguito della perdita del lavoro del marito, si ritrova lentamente, quotidianamente, in una “caduta” economica, ricca di ostacoli e di problematiche.

Soldini affronta il tema del precariato del mondo del lavoro in maniera schietta e genuina, mostrandoci tutta la sua realistica visione su questo argomento dal punto di vista di una coppia. Da una parte Elsa, interpretata da una sempre straordinaria Margherita Buy, nella parte di una madre e di una moglie che, abbandonato il lavoro, riesce finalmente a coronare il sogno di potersi laureare in Storia dell’arte, fino a dover fare i conti con le avversità economiche di tutti i giorni. La sua vita, come quella del marito, cambierà in modo radicale, tanto da dover accettare due impieghi e rinunciare ai quasi tutti i suoi interessi. Nonostante il “dovuto” ritorno al lavoro, invece che perdersi d’animo, sarà la metà della coppia che dimostrerà, forse, più senso di responsabilità.
Dall’altra parte, Michele, un Antonio Albanese sempre più stupefacente, in un ruolo per niente semplice, che appare credibile e sincero fin dall’inizio. Perso il lavoro ed entrato nel calvario del precariato si ritroverà abbandonato da tutto e quasi da tutti, con mille porte chiuse in faccia. Il trasloco della casa, il doversi confidare con la figlia e con gli amici, la ricerca spasmodica di tornare a galla e l’arte dell’arrangiarsi conducono, alla fine, il film in un porto, forse, inaspettato.

Lo sfondo è quello della Genova dei mille cantieri, peraltro già amata da Silvio Soldini nel suo film precendente, Agata e la tempesta, scelta non solo per la laboriosità visiva, ma anche per quel paesaggio marino, per quel senso di infinito, che serve a guardare oltre, a darsi speranza. Una città molto importante secondo il regista, che d’altronde ci tiene a sottolineare che “vivere il luogo dove stai girando è sempre fondamentale”. Il film è costruito in maniera davvero realistica, con una naturalezza recitativa degli attori davvero sorprendente. Anche i personaggi minori trasmettono qualcosa, lasciano un segno, e questo è sempre stato significativo nel cinema di Soldini: nulla è lasciato al caso, ma è sempre accurato, minuzioso, il regista è presente “ossessivamente” anche nella costruzione dei personaggi secondari.

La pellicola, come tiene a riassumere il regista, è basata sullo “stupore di due persone convinte della loro serenità, che improvvisamente si trovano a doversi confrontare con una situazione diversa, quel tipo di cosa che magari si legge sui giornali, che sembra lontana, ma che quando capita a te, allora cambia tutto”. Soldini arriva a Roma con una bella pellicola corale, sincera, vera, che ci convince, ci emoziona e ci fa riflettere, senza ipocrisia, su una realtà più che mai attuale e moderna, che può colpire e colpirci, purtroppo in qualunque momento. D’altronde anche raccontare questa storia poteva essere rischioso, poteva non piacere, ma per fortuna non è successo e il risultato è una bella opera di cinema, a cui ci sentiamo di applaudire davvero sentitamente.

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