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cultura dell'immagine e della parola

SlamBall

Cercate di capire, per favore. Nel periodo estivo noi critici televisivi ci si trova in secca peggio del Po. E comunque siamo esseri umani anche noi, con le nostre debolezze e i nostri bisogni. Che cosa vi aspettate? Che ce ne restiamo a casa nei pomeriggi d’agosto a guardare le repliche di qualche vecchia fiction? Chiaro che no. L’unica è adattarsi e cercare qualcosa di relativamente nuovo in orari poco battuti, sperando di cogliere un minimo sussulto nel palinsesto che giustifichi l’articolo.
Niente di trascendentale, per carità, ci si accontenta: va bene anche un prodotto come SlamBall (lun – sab, ore 13.40, Italia 1), l’ennesimo gioco surreale importato dagli Usa e spacciato per sport qui da noi quando la bella stagione allontana le folle dai televisori, con la speranza di intercettare un pubblico giovanile non particolarmente sofisticato.

Nella fattispecie, stiamo parlando di una versione “estrema” del basket, giocata in velocità, senza falli laterali e soprattutto con l’ausilio di grossi tappeti elastici che consentono agli atleti di schizzare in aria in modo inizialmente spettacolare. Dico “inizialmente” perché alla quindicesima schiacciata il gioco diventa chiaramente ripetitivo, per quanto Dan Peterson e Giacomo Valenti si sforzino di dare un po’ di verve alla conduzione.
A proposito della coppia di conduttori, pare chiaro che gli strateghi di Italia 1 hanno cercato di lavorare per somma, affiancando al conduttore di passatempi americani del momento il suo predecessore, puntando sul fatto che automaticamente si sarebbe raddoppiato il successo ottenibile dai singoli. Come avrebbe potuto prevedere chiunque non fosse uno stratega estivo di Italia 1, in realtà il meccanismo non funziona per una palese mancanza di equilibrio. La tradizione ci insegna che esistono due tipi di coppie di commentatori in grado di conquistare il grande pubblico: una è quella che abbina il tecnico al giornalista (prendete Loris Reggiani e Guido Meda) e l’altra quella che mette insieme il tecnico e il simpaticone (lo stesso Valenti quando lavora con Recalcati). Il problema è che Dan Peterson è allo stesso tempo un tecnico e un simpaticone, mentre Valenti non è chiaramente un giornalista. Il risultato è un continuo assecondarsi di due voci che vanno più o meno a parare nella stessa direzione. Cercando tra l’altro di cavare il sangue dalle rape, visto che i contenuti tecnici dello SlamBall sono piuttosto modesti, come si diceva.

A conti fatti, su una scala ideale che va dal wrestling (la più efficace delle americanate) ad American Gladiators (una perla di kitsch difficilmente ripetibile), SlamBall si colloca decisamente verso il fondo, diciamo al livello di un altro grande classico dell’ignoranza televisiva come le sfide tra iron man inglesi commentate da Ascanio Pacelli (il titolo Real Fighters vi ricorda nulla?).
Possiamo solo sperare che al prossimo giro, nel luglio 2008, i cacciatori di format peschino qualcosa di più stimolante. Personalmente consiglierei delle violentissime gare di rollerblade, oppure gli splendidi “lumberjack games”, virilissime sfide tra taglialegna alle quali mi è capitato di assistere durante qualche trasferta estera.
Tra l’altro non ci sarebbe nemmeno bisogno del commento: è incredibile l’effetto ipnotico generato dalla precisione con cui un bestio di centottanta chili riesce a lanciare una scure contro un bersaglio dipinto su una betulla a qualche metro di distanza.

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