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cultura dell'immagine e della parola

L’Aura – Non è una favola

Canzone: Non è una favola
Regia: Maki Gherzi
Artista: L’Aura
Album: Demian
Anno: 2007

Elleapostrofoaura
Entrata come una straniera in Italia con la losangelina Radio Star (inserendosi in una fetta di mercato già occupata dall’altra italiana che canta in inglese, Elisa), L’Aura ha proseguito con sonorità pop e cantautoriali, un mix che fino ad ora era riuscito bene solo a Tiziano Ferro.
In quell’apostrofo sta il carattere e la personale artisticità di L’Aura, che ha attraversato indenne anche il Festival di Sanremo 2006 con Irraggiungibile, pezzo rischioso, dagli equilibrismi vocali che annullano il senso delle parole a favore delle emozioni della musica (la verità è che le parole della canzone proprio non si capiscono) .

Comunque internazionale anche adesso, fuori confine, oltre certo piattume del videoclip italiano, L’Aura sembra aver trovato in Maki Gherzi un buon compagno di creatività (e viceversa): frammentato da uno stop motion che rende oggetto anche la giovane cantante, Non è una favola sembra ispirarsi ad un altro video, Let my shoes lead me forward di Jenny Wilson (2006, diretto da Johannes Nyholm, Per-Isak Snälls, Andreas Nilsson).

Shoes invaders
Donna-automa, donna-manichino, oggetto d’arredo in uno scenario da cartone e di cartone, impassibile ed espressiva come un appendiabiti (e in effetti alla fine finisce in un armadio); L’Aura recita e si lascia manipolare dalla personalità creativa di Gherzi, diventa una Maki creatura, lasciando nelle immagini una doppia impronta: il suo volto truccato e acconciato e l’occhio tecnologico e poetico del regista.
L’invasione delle cose/alieni è un gioco, inquietante ma ironico come la canzone, i colori sono rassicuranti, ma i movimenti a scatti sono innaturali, trasformano in mostri antropomorfi gli oggetti e rendono dei robot senza cuore gli esseri umani.
Un monito contro la fame di cose che non riesce a saziare, ma senza esagerare: lo stile trendy di L’Aura rimane (il lavoro moralizzante lasciamolo a Bono), un gusto londinese raffinato per scarpe taccate, gonne sexy a vita alta, bustini… un desiderio tutto femminile di apparire, circondata da una patina glam che appartiene allo show business, come un gatto che si mangia la coda, come un paio di All Star che sparano contro due bellissimi sandali d’orati.

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