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Una storia d’amore a New York

Una storia d’amore a New York

È quasi ironico che il primo libro di Jay McInerney si chiami Le mille luci di New York e che quest’ultimo romanzo, Good life, parta proprio da New York e dal fatto che molte di quelle mille luci si siano spente dopo l’11 settembre 2001.

I protagonisti sono Corrine e Luke, e appartengono entrambi a due famiglie newyorkesi ricche e con amici intellettuali. E’ facile trovarli a cena con Salman Rushdie o vederli fare un cenno di saluto in un ristorante ad Abel Ferrara.
Luke e Sasha hanno una figlia adolescente ribelle, Ashley. Una ragazzina un po’ “mean girl” ma in realtà alla costante ricerca d’attenzione da parte dei genitori e di quella tranquillità che New York con le sue luci e con i suoi morti recenti non sembra poterle dare.
Corrine invece ha una vita più mediocre. Il marito Russel è un editore, hanno due figli gemelli, nati da una fecondazione artificiale in cui è stata coinvolta la sorella di Corrine, Hilary. Corrine è spaventata dalla sorella, dalla sua giovinezza e dalla remota possibilità che questa possa, prima o poi, venirsi a riprendere i figli, che senza il suo aiuto non sarebbero mai potuti nascere.
Corrine e Luke intrecciano le loro storie il giorno seguente l’11 settembre. Si incontrano, lui sopravvissuto per miracolo grazie a un semplice ritardo e lei, nuova volontaria nella tragedia occidentale. Lavorano insieme alla cucina da campo e s’innamorano.
Lei è consapevole che l’intimità con Luke è un’intimità da “tempo di guerra”, «una solidarietà tra perfetti estranei su una scialuppa di salvataggio». Ma ciò le serve per scappare dalla monotonia e per superare lo shock dal quale sono stati investiti.
L’obiettivo primario diventa non salvare la propria famiglia ammesso che ci sia qualcosa da salvare, ma aiutare una città in pezzi, riportare la calma e cercare di fare qualcosa, qualsiasi cosa perché restare fermi non sembra possibile.

Lo scenario newyorkese, dopo il crollo delle torri gemelle, resta sullo sfondo ed è descritto con assoluta delicatezza. Senza essere banale, McInerney, riesce a raccontare i sentimenti reali di chi si trovava in città in quel momento. Piccole emozioni, poche frasi, ricordi intensi ma mai grandi descrizioni inutili. La parte migliore del libro è proprio questa: essere riuscito a raccontare sensazioni crude e forti, ansie comuni, atteggiamenti allarmisti, senza però risultare ovvio. Scontato è forse la storia d’amore e i dialoghi costruiti tra i due personaggi.
Il romanzo manca della forza narrativa che avevano i precedenti libri, di tutte quelle invenzioni stilistiche che caratterizzano la precedente produzione di McInerney. I personaggi non sembrano così vivi e soprattutto Corrine sembra costruita sullo stereotipo della classica donna di mezza età invidiosa della sorella giovane, annoiata dal benessere, pentita per aver lasciato il lavoro ed essersi dedicata alla famiglia e alla ricerca dell’avventura che si trasforma in amore.
Resta però un buon libro, ben scritto e assolutamente scorrevole, non il migliore di McInerney che fatica forse a trovare la vera maturità di scrittore.

L’autore
Jay McInerney è nato a Hartford (Connecticut) nel 1955. Allievo di Raymond Carver, è considerato uno dei più grandi autori minimalisti americani. Personaggio di rilievo nel movimento del “Brat Pack”, ha pubblicato il suo primo best seller Le mille luci di New York nel 1984, a soli 29 anni.

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