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Quel ditino puntato sull’orrore

Quel ditino puntato sull’orrore

Una casa abbandonata, i cui precedenti proprietari non si sa che fine abbiano fatto. Porte che si aprono e chiudono da sole, macchie sulle pareti che non vanno via, inquietanti corridoi… Gli ingredienti ci sono tutti, sembra essere il solito film horror uscito in estate di cui si intuisce già tutto fin dalla prima inquadratura: ed è proprio così, solo che la confezione di questo ennesimo esempio del genere è tutt’altro che scontata.

I fratelli Pang hanno diretto un film ben fatto, dove i topoi del genere sono trattati e riproposti con intelligenza, tanto da permettere allo spettatore di godersi una pellicola il cui contenuto in termini di pura trama è già noto. Ma come? Con un uso ben calcolato delle citazioni, innanzitutto, che aprono suggestioni al di là della vicenda filmica; con un utilizzo finalmente non esasperato del sonoro, al cui posto, per creare la suspence, è adoperato un ottimo montaggio: valga per tutte la sequenza in cui la giovaneprotagonista è al centro del corridoio col fratellino in braccio mentre alle sue spalle uno dei putrefatti ospiti è in agguato. I due opposti punti di fuga degli sguardi sono utilizzati ad arte per creare un perfetto senso di angoscia. E cosa è più orrorifico dell’angoscia che si prova quando qualcuno accanto a noi vede qualcosa che noi non vediamo? Un bambino, per giunta, il testimone per eccellenza dell’esistenza di un modo altro, il tramite tra due dimensioni, dal potenziale infinito per le sue apparenti purezza e neutralità.
E poi, ancora, l’elemento (sovra)naturale dell’uccello: stormi di corvi che si abbattono sull’umano per ribadire, avvertire, punire. Hitchcock docet.

Per non parlare dello splendido e angoscioso contrasto della vicenda e della casa con la natura intorno: campi di girasoli a perdersi, così vitali e solari da creare in chi guarda un vero e proprio senso di straniamento. Il tutto con estrema linearità, senza grovigli cervellotici o particolari effetti speciali. Ci si sente quasi a casa (!!!) quando la madre e il bambino si rifugiano nella cantina, inseguiti dal folle omicida redivivo di turno. Più che un horror, una riflessione sull’horror. Con omaggi a tutti quei film che ci hanno fatto sussultare nella penombra del cinema. E il meglio è che alla fine, nonostante tutto, la famigliola resterà nella casa posseduta: come dire che a volte bisogna convivere con i propri fantasmi.

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